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Diritto all’oblio sui motori di ricerca, le linee guida europee GDPR

Diritto all’oblio sui motori di ricerca, le linee guida europee GDPR

By Avv. Ludovica Marano

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Nel mondo digitale odierno, la maggior parte delle informazioni personali sono facilmente accessibili e persistenti online. Questa realtà ha sollevato preoccupazioni significative sulla privacy e sulla gestione dei dati personali. Per affrontare tali sfide, l’Unione Europea ha introdotto il concetto di “diritto all’oblio”, che mira a proteggere i cittadini europei controllando la visibilità e l’accesso alle informazioni personali online. Inoltre, nei casi previsti dalla legislazione in vigore, il diritto all’oblio sui motori di ricerca consente di cancellare notizie dal web.

Definizione e origine del diritto all’oblio

Il diritto all’oblio è un concetto giuridico che consente a un individuo di richiedere la rimozione o l’oscuramento di informazioni personali che non sono più rilevanti o appropriate. Questo diritto è spesso associato alla possibilità di rimuovere informazioni personali da Google e da altri motori di ricerca, al fine di preservare la privacy e la reputazione online. Ancora, siffatto concetto si basa sul presupposto che le persone abbiano il diritto di proteggere la loro reputazione e la loro privacy anche nel contesto digitale. L’origine del diritto all’oblio può essere rintracciata nella Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, che sottolinea il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

La sentenza Costeja della Corte di giustizia dell’Unione Europea sul diritto all’oblio

La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea del 2014, anche comunemente chiamata sentenza Costeja, che prende il nome dalla parte, è stata un momento cruciale per il diritto all’oblio. La Corte ha stabilito che i motori di ricerca come Google sono responsabili per la rimozione dei collegamenti a informazioni personali ritenute obsolete o non più rilevanti.

Questo ha sancito il diritto delle persone di controllare quali informazioni vengono mostrate quando il loro nome viene cercato online. La sentenza ha anche stabilito che tale diritto  alla cancellazione dei dati personali deve essere bilanciato sia il diritto alla privacy e sia con l’interesse pubblico all’accesso alle informazioni.

Le linee guida dell’Unione Europea

Le linee guida sul diritto all’oblio, qui integralmente scaricabili, fa riferimento all’articolo 17, paragrafo 2 del Regolamento generale sulla protezione dei dati anche conosciuto con il nome di GDPR. Tale articolo impone ai responsabili del trattamento che hanno reso pubblici dati personali di informare i soggetti interessati che successivamente riutilizzano tali dati tramite link, copia o riproduzione. Questo obbligo di informazione non si applica ai motori di ricerca quando trovano informazioni contenenti dati personali pubblicate o rese disponibili su Internet da terzi, le indicizzano automaticamente, le memorizzano temporaneamente e le mettono a disposizione degli utenti secondo un determinato ordine di preferenza.

Inoltre, l’articolo non impone ai motori di ricerca, che hanno ricevuto una richiesta di deindicizzazione da parte di un soggetto interessato, di informare il terzo che ha pubblicato tali informazioni su Internet. Questo obbligo mira a rafforzare la responsabilità dei responsabili originali del trattamento e a prevenire l’eccesso di iniziative intraprese dai soggetti interessati.

A tal proposito, è importante sottolineare quanto affermato dal gruppo “Articolo 29”, secondo cui i motori di ricerca “non dovrebbero, in linea generale, informare i webmaster delle pagine deindicizzate che non sono accessibili tramite il motore di ricerca in risposta a una specifica query” in quanto “non esiste una base giuridica per tale comunicazione ai sensi delle normative dell’UE sulla protezione dei dati”. Si prevede di sviluppare linee guida specifiche e distinte anche per quanto riguarda l’articolo 17, paragrafo 2 del GDPR.

Limiti al diritto all’oblio secondo le linee guida

Ancora l’articolo summenzionato del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali stabilisce che i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 17 del GDPR non si applicano quando il trattamento dei dati personali è necessario per le seguenti finalità:

Esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione (articolo 17, paragrafo 3, lettera a).

Adempimento di un obbligo legale che richiede il trattamento in base al diritto dell’Unione o dello Stato membro al quale il titolare del trattamento è soggetto, o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse o nell’esercizio di pubblici poteri conferiti al titolare del trattamento (articolo 17, paragrafo 3, lettera b).

Motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica in conformità con l’articolo 9, paragrafo 2, lettere h) e i), e l’articolo 9, paragrafo 3 (articolo 17, paragrafo 3, lettera c).

Archiviazione a fini di pubblico interesse, ricerca scientifica o storica o a fini statistici, in conformità con l’articolo 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere impossibile o pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale trattamento (articolo 17, paragrafo 3, lettera d).

Accertamento, esercizio o difesa di un diritto in sede giudiziaria (articolo 17, paragrafo 3, lettera e).

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