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Eliminare notizie da Google: alcuni provvedimenti storici del Garante

Eliminare notizie da Google: alcuni provvedimenti storici del Garante

By ivananotarangelo

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Negli ultimi anni, eliminare notizie da Google è un tema che ha acquisito rilevanza significativa, soprattutto in relazione al diritto all’oblio. In Italia, il Garante per la protezione dei dati personali ha assunto un ruolo cruciale nell’applicazione di questo diritto, intervenendo in numerosi casi emblematici. Il diritto all’oblio Google permette agli individui di richiedere di cancellare informazioni personali da Internet o rimuovere contenuti obsoleti Google dai risultati di ricerca, bilanciando il diritto alla privacy con il diritto all’informazione.

I provvedimenti storici del Garante per eliminare notizie da Google

Alcuni provvedimenti storici del Garante hanno segnato importanti precedenti, evidenziando la complessità e la delicatezza delle decisioni in questo ambito. Essi hanno spesso coinvolto la rimozione di notizie che, pur essendo veritiere, risultavano ormai irrilevanti o pregiudizievoli per la reputazione delle persone coinvolte. Esaminare questi casi offre una visione chiara delle sfide e delle dinamiche che caratterizzano la protezione dei dati personali nell’era digitale in merito al diritto all’oblio Google e a rimuovere notizie da Internet.

Provvedimento del 15 dicembre 2016

Il 28 luglio 2016, il Garante per la protezione dei dati personali ha ricevuto un ricorso contro diverse testate giornalistiche online, tra cui RCS MediaGroup S.p.A., Alessandro Ambrosini, Editoriale Il Fatto S.p.A., Il Giornale on line S.r.l., News 3.0 S.p.A., Paolo Falcone First Asset Management S.r.l., Pippo Gatto, Agenzia Ansa e Andrea Viscardi. Il ricorrente, sottoposto a un provvedimento di custodia cautelare nel marzo 2012 per presunto furto di beni di modesta entità, ha richiesto la cancellazione, il blocco o la trasformazione in forma anonima delle notizie riguardanti il suo arresto, sostenendo che la diffusione di tali informazioni ha causato la perdita del suo lavoro e continua a danneggiare la sua reputazione.

Il Garante ha preso atto che alcuni editori hanno aderito spontaneamente alla richiesta, deindicizzando o rimuovendo gli articoli contestati. RCS MediaGroup ha inibito l’indicizzazione dell’articolo tramite specifiche misure tecniche, mentre Editoriale Il Fatto S.p.A. ha aggiornato la notizia per riflettere lo stato attuale del procedimento giudiziario, ritenendo ancora sussistente l’interesse pubblico alla vicenda.

Il provvedimento del 15 dicembre 2016 del Garante ha dichiarato il ricorso inammissibile nei confronti di Andrea Viscardi, non luogo a provvedere nei confronti degli editori che hanno accolto le richieste del ricorrente, e infondato nei confronti di RCS MediaGroup e Editoriale Il Fatto. La decisione di non eliminare notizie personali da Google ha sottolineato che il trattamento dei dati personali per finalità giornalistiche è lecito e compatibile con il diritto alla libertà di espressione, pur compensando le spese del procedimento fra le parti.

Provvedimento del 2 febbraio 2017

Il provvedimento del 2 febbraio 2017 è nato dal ricorso presentato contro Google Inc. e Finegil Editoriale S.p.A., editore del giornale “La Città” di Salerno e provincia. Il ricorrente, rappresentato dall’avv. Antonietta Vitale, ha richiesto la deindicizzazione di un articolo riguardante una vicenda giudiziaria del 2001, conclusasi con una condanna per molestie sessuali. Pertanto, il ricorrente ha invocato il diritto all’oblio, sottolineando come la permanenza online dell’articolo, facilmente reperibile tramite Google, costituisca un ostacolo al suo reinserimento sociale.

Nel dettaglio, l’articolo in questione riferiva dell’ordine di carcerazione del 2005, emesso quattro anni dopo i fatti e veniva considerato dal ricorrente come un episodio isolato non più attuale. Google Inc., difesa dagli avv.ti Marco Berliri e Massimiliano Masnada, ha rifiutato la richiesta di cancellare notizie dal web, sostenendo la rilevanza pubblica della notizia data la gravità del reato e il ruolo pubblico del ricorrente. Finegil Editoriale S.p.A., dal canto suo, ha dichiarato l’impossibilità di intervenire sull’indicizzazione dell’articolo poiché dal 1° novembre 2016 la testata era passata a un’altra società.

Durante il procedimento, è emerso che l’URL contestato era stato rimosso dal sito originario, rendendo l’articolo non più accessibile anche tramite Google. Finegil ha confermato di aver richiesto l’interdizione dell’indicizzazione. Di conseguenza, il Garante ha dichiarato non luogo a provvedere sul ricorso, considerando soddisfacenti le azioni intraprese da Finegil. Il Garante ha deciso di compensare integralmente le spese del procedimento tra le parti, rilevando che le richieste del ricorrente sono state accolte nel corso del procedimento.

Provvedimento del 16 febbraio 2017

Il provvedimento del 16 febbraio 2017 è nato dal ricorso presentato contro Google Inc. e Google Italy. Il ricorrente ha chiesto la rimozione di sei URL dai risultati di ricerca associati al suo nome, lamentando il pregiudizio derivante dalla diffusione di dati su una vicenda giudiziaria risalente a oltre vent’anni fa. L’interessato ha richiesto la deindicizzazione degli URL che riportano notizie relative a una vecchia vicenda giudiziaria, sostenendo che la loro permanenza online costituisca un ostacolo al suo reinserimento lavorativo e sociale. Secondo il ricorrente, le informazioni sono ormai obsolete, imprecise e dannose.

Google ha parzialmente accolto la richiesta, rimuovendo tre dei sei URL indicati dal ricorrente per cancellare notizie da Google. Per un altro URL, Google ha comunicato che la pagina web non è più visualizzabile nei risultati di ricerca. Tuttavia, Google ha rifiutato di rimuovere due URL, sostenendo l’interesse pubblico alla reperibilità di informazioni relative a reati che destano allarme sociale. Il Garante ha analizzato attentamente la situazione. Con riguardo agli URL rimossi da Google, è stato dichiarato non luogo a provvedere, dato che l’istanza è stata accolta in corso di procedimento. Per i due URL restanti, il Garante ha considerato diversi fattori:

  • Elemento temporale. Sebbene il trascorrere del tempo sia un elemento costitutivo del diritto all’oblio, esso incontra un limite quando le informazioni riguardano reati gravi. Tali richieste di deindicizzazione devono essere valutate con minor favore dalle Autorità di protezione dei dati.
  • Interesse pubblico. I reati menzionati negli URL riguardano un’associazione criminale nota per la sua efferatezza, destando particolare allarme sociale. Non sono emersi elementi che possano dimostrare l’inesattezza dei dati riportati negli articoli.

Il Garante ha dichiarato che, in questo caso, prevale l’interesse del pubblico ad accedere alle notizie in questione. Pertanto, la richiesta di rimozione dei due URL è stata dichiarata infondata. Alla luce di queste considerazioni, il Garante ha emesso le seguenti decisioni:

  • Non luogo a provvedere sugli URL indicati con i numeri 1, 3, 4 e 5.
  • Ricorso infondato per gli URL indicati con i numeri 2 e 6.

Qualche considerazione finale

Le decisioni del Garante per la protezione dei dati personali riflettono la complessità del bilanciamento tra diritto all’oblio e diritto all’informazione. I casi analizzati dimostrano come il Garante consideri vari fattori, tra cui l’elemento temporale e l’interesse pubblico, nella valutazione delle richieste di deindicizzazione. In particolare, quando le informazioni riguardano reati gravi o situazioni di rilevante interesse sociale, il diritto alla privacy può essere subordinato alla necessità di garantire l’accesso a notizie di pubblico interesse. Le sentenze illustrano come il Garante applica criteri rigorosi per assicurare che rimuovere contenuti obsoleti Google non comprometta il diritto alla libertà di espressione e l’informazione pubblica, mantenendo un equilibrio tra protezione dei dati personali e trasparenza informativa.

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