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Diritto all’oblio: le ultime sentenze dai Tribunali italiani

Diritto all’oblio: le ultime sentenze dai Tribunali italiani

By ivananotarangelo

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Negli ultimi anni, il dibattito sul diritto all’oblio ha assunto un ruolo centrale nel panorama giuridico italiano, evidenziando la necessità di bilanciare il diritto alla privacy e di cancellare notizie da Internet con quello alla libera informazione. Le recenti sentenze emesse dai Tribunali italiani hanno contribuito a delineare i contorni di questo diritto, definendo le modalità di esercizio e i rimedi disponibili in caso di violazioni. Queste decisioni giudiziarie hanno anche posto l’accento sulle sfide pratiche legate all’applicazione del diritto all’oblio nell’era digitale, considerando l’importanza di preservare la memoria storica senza compromettere il diritto alla riabilitazione e alla dignità individuale. Attraverso un’analisi delle ultime sentenze e delle relative implicazioni, è possibile comprendere appieno l’evoluzione e l’attuale contesto normativo del diritto all’oblio in Italia.

Diritto all’oblio Google, ultimi casi per la giurisprudenza italiana

Nel pezzo di oggi, presentiamo due diversi casi di diritto all’oblio, per cui i Tribunali italiani assunto decisioni differenti. Analizziamoli insieme e vediamo come il diritto all’oblio per eliminare informazioni personali da Google trovi applicazioni diverse a seconda delle situazioni personali degli istanti.

Cancellare notizie da Google? Il no del Garante della Privacy in caso di condanna per attività terroristica

Il Garante della Privacy ha affrontato una delicata questione riguardante il diritto all’oblio in relazione a un individuo condannato per attività terroristiche, il cui caso ha destato notevole attenzione e preoccupazione per l’interesse pubblico connesso alla sicurezza nazionale. La richiesta avanzata riguardava la deindicizzazione di articoli che riportavano l’arresto avvenuto nel 2019 nel Regno Unito per detenzione di materiale collegato ad Al-Qaeda. Nonostante l’uomo avesse completato la sua pena e fosse rientrato in Italia, temeva che la permanenza di tali informazioni online potesse pregiudicare il suo reinserimento sociale e lavorativo.

Tuttavia, il Garante ha respinto la richiesta di cancellare notizie da Google argomentando che, in casi di reati particolarmente gravi, soprattutto quelli legati al terrorismo, l’interesse pubblico alla reperibilità delle informazioni deve prevalere sul diritto all’oblio dell’individuo. Il condannato aveva scontato la sua pena, ma la vicenda giudiziaria risultava ancora di interesse pubblico, vista la rilevanza delle condotte commesse e il legame con un’organizzazione terroristica internazionale di grande importanza come Al-Qaeda.

Il Garante ha altresì evidenziato che la distanza temporale tra la conclusione del procedimento giudiziario e l’espiazione della pena era troppo breve per considerare le informazioni come “risalenti nel tempo” o già “prive di interesse pubblico”. La sua decisione ha quindi sottolineato l’importanza di una valutazione accurata e bilanciata dei casi di deindicizzazione, specialmente quando coinvolgono reati gravi e la sicurezza nazionale.

Diritto all’oblio online: la Sentenza UE C-460/20 

La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C-460/20/Google) ha posto nuovi parametri riguardo al diritto all’oblio online, ridimensionando il potere dei motori di ricerca nel bilanciare il diritto all’informazione con la tutela della reputazione e dell’immagine personali. Il caso, originato in Germania, riguarda una coppia coinvolta in una società di investimento, la cui reputazione è stata danneggiata da informazioni inesatte pubblicate su un sito americano. Nonostante le richieste di rimozione avanzate alla Google, quest’ultima ha negato l’oscuramento delle informazioni contestate, portando la coppia a ricorrere ai tribunali tedeschi.

Dopo un lungo percorso giudiziario, la Corte Federale di Giustizia tedesca ha deciso di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia dell’UE, la quale ha dato ragione alla coppia ricorrente. La sentenza sottolinea che il diritto alla deindicizzazione non dipende necessariamente dall’avvio di azioni legali contro chi ha pubblicato le informazioni errate, ma richiede semplicemente una spiegazione plausibile sulle inaccuratezze.

Una volta fornita tale motivazione, il motore di ricerca non è tenuto a ulteriori verifiche e deve oscurare i contenuti contestati su scala globale, come confermato anche dall’ordinanza della Cassazione italiana n° 34658 del 24 novembre 2022. La sentenza stabilisce inoltre che le miniature delle immagini, se contribuiscono a diffondere informazioni errate o ledono la privacy, devono essere rimosse indipendentemente dal contesto della loro pubblicazione.

Questa decisione ribadisce l’importanza di bilanciare il diritto all’informazione con la tutela della reputazione individuale, offrendo una nuova prospettiva sulle responsabilità dei motori di ricerca nel gestire le informazioni online e nell’assicurare un ambiente digitale più equo e trasparente per tutti gli utenti che avanzano richiesta di eliminare notizie da Internet.

 

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