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Cancellare notizie da Google, quali strumenti di tutela legale?

Cancellare notizie da Google, quali strumenti di tutela legale?

By Redazione

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Il diritto all’oblio su Google non è soltanto un istituto giuridico, ma una concreta necessità nella società dell’informazione, in cui la reputazione online è diventata un bene primario per professionisti, imprenditori e semplici cittadini. La sua origine si rintraccia nella storica sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12, “Google Spain – Costeja”), che riconobbe per la prima volta agli individui il diritto di chiedere ai motori di ricerca la rimozione dei risultati collegati al loro nome quando questi siano divenuti inadeguati, irrilevanti o eccessivi.

Quel precedente ha segnato la nascita di un diritto destinato a incidere profondamente sull’immagine personale e professionale delle persone: cancellare notizie da internet diventa così non solo un’esigenza giuridica, ma una condizione essenziale per potersi presentare in maniera corretta e aggiornata nel mondo del lavoro e nei rapporti economici. Con l’entrata in vigore del GDPR (Reg. UE 2016/679), l’art. 17 ha codificato il diritto alla cancellazione dei dati personali, rafforzando la possibilità di eliminare notizie da Google che continuano a danneggiare la reputazione di chi sia stato assolto o prosciolto da accuse penali.

Il modulo Google: uno strumento utile ma non definitivo

Per esercitare il diritto all’oblio, Google ha messo a disposizione un modulo online attraverso cui ciascun interessato può richiedere di eliminare il proprio nome da Google rispetto a contenuti obsoleti o dannosi. Il modulo richiede l’indicazione degli URL specifici, delle query interessate e la descrizione delle ragioni della richiesta.

Il problema principale, per chi ha subito un procedimento penale poi archiviato o concluso con assoluzione, è che il modulo non permette di allegare la documentazione giudiziaria a supporto.

Questo limita l’efficacia della richiesta, perché Google deve comunque operare un bilanciamento tra la tutela della privacy dell’individuo e l’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti. Ne deriva che molte istanze di rimozione di notizie dal motore di ricerca vengono rigettate, soprattutto se non accompagnate da un titolo giudiziario chiaro. Per un imprenditore o un professionista, questo rifiuto può avere conseguenze concrete: clienti, partner commerciali o potenziali investitori potrebbero farsi un’idea distorta basandosi su informazioni non più corrispondenti alla realtà.

Interazione con Google e reclamo al Garante

Quando Google rigetta la richiesta, è comunque possibile proseguire l’interlocuzione inviando ulteriori elementi di prova via email ([email protected]). Solo in questo momento l’interessato può trasmettere la sentenza di assoluzione o il decreto di archiviazione per dimostrare il diritto alla deindicizzazione.

Se la società conferma il rifiuto, resta aperta la strada del reclamo al Garante per la protezione dei dati personali ai sensi dell’art. 77 GDPR o del ricorso giurisdizionale ex art. 79 GDPR.

Tuttavia, è bene chiarire che il reclamo al Garante richiede tempi molto lunghi, con apertura di un contraddittorio formale che coinvolge Google e l’interessato attraverso memorie e controdeduzioni. Per chi ha l’urgenza di tutelare la propria reputazione online – magari perché opera in settori delicati come la finanza, l’avvocatura o la medicina – attendere mesi o anni per una decisione dell’Autorità può non essere sostenibile. Ecco perché la via amministrativa, pur legittima, risulta spesso poco funzionale rispetto alle esigenze di chi desidera cancellare notizie da Google in tempi brevi per riabilitare la propria immagine.

La Riforma Cartabia e l’art. 64-ter c.p.p.: un nuovo strumento di tutela

Con il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il legislatore italiano ha introdotto il nuovo art. 64-ter nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Questa norma segna un’evoluzione fondamentale: la persona assolta, destinataria di un provvedimento di archiviazione o di non luogo a procedere può chiedere alla cancelleria del giudice di apporre un’annotazione sul provvedimento, che costituisce titolo diretto per ottenere la rimozione di notizie dal motore di ricerca.

Il meccanismo distingue tra preclusione dell’indicizzazione (comma 2) e vera e propria deindicizzazione (comma 3). Nel primo caso, il provvedimento stesso non può essere indicizzato.

Nel secondo, invece, l’annotazione consente all’interessato di rivolgersi ai motori di ricerca con un titolo giuridico vincolante, che supera la valutazione discrezionale di Google. In questo modo, un professionista che sia stato assolto può dimostrare in modo formale il suo diritto a togliere notizie dai motori di ricerca che lo associano ingiustamente a un procedimento penale.

L’istanza alla cancelleria: la via rapida per riabilitare l’immagine

L’istanza alla cancelleria rappresenta oggi la strada più efficace per chi desidera ricostruire la propria credibilità. L’atto deve essere indirizzato al giudice che ha emesso la sentenza o il decreto e deve contenere l’esplicita richiesta di apporre la formula prevista dall’art. 64-ter, comma 3. Una volta accolta, la cancelleria rilascia un provvedimento digitale con impronta HASH che diventa immediatamente spendibile nei confronti dei motori di ricerca.

Per un imprenditore, un manager o un libero professionista, questo strumento consente di cancellare notizie da internet legate a un procedimento penale superato, evitando che il proprio nome continui a essere associato a un fatto non più attuale. In un contesto economico in cui i rapporti commerciali, le collaborazioni e le assunzioni passano sempre più da ricerche online, poter dimostrare l’avvenuto proscioglimento diventa cruciale per la tutela della dignità personale e per la prosecuzione della carriera.

Cancellare notizie da Google per la reputazione e la dignità digitale

Il diritto all’oblio non è un privilegio, ma una garanzia essenziale in uno Stato di diritto digitale. Per i cittadini comuni significa non restare intrappolati in vicende passate, per i professionisti e gli imprenditori rappresenta un requisito imprescindibile per operare con credibilità. Non si tratta di negare la libertà di stampa o di cancellare la memoria storica, ma di evitare che informazioni non più rilevanti condizionino la vita presente e futura delle persone.

La Riforma Cartabia, con l’introduzione dell’art. 64-ter c.p.p., ha reso possibile un percorso più rapido e certo per chi intende tutelare la propria reputazione online. Se la procedura con Google resta un canale utile ma incerto, l’istanza alla cancelleria permette oggi di ottenere un titolo legale capace di vincolare i motori di ricerca, garantendo un equilibrio tra libertà di informazione e diritto alla dignità. In questo modo, chi ha superato un procedimento penale con esito favorevole può finalmente eliminare notizie da Google che ne offuscano ingiustamente l’immagine, riprendendo il controllo della propria identità digitale e riabilitandosi agli occhi della collettività.

Cancellare notizie da Google e reputazione online – 8 domande frequenti che ti potrebbero interessare

1. Perché la reputazione online è così importante per imprenditori e professionisti?
Perché clienti, partner commerciali e datori di lavoro effettuano ricerche su Google prima di instaurare rapporti. Una notizia negativa, anche se superata, può compromettere opportunità economiche e relazioni professionali.

2. Il diritto all’oblio mi consente di cancellare notizie da internet completamente?
No. La deindicizzazione non elimina l’articolo dal sito della testata, ma impedisce che compaia digitando il proprio nome su Google. In questo modo si tutela la visibilità della persona senza cancellare la memoria storica.

3. Se sono stato assolto, posso chiedere subito di eliminare notizie da Google?
Sì. Con l’art. 64-ter c.p.p. introdotto dalla Riforma Cartabia, il provvedimento di assoluzione o archiviazione può essere annotato dalla cancelleria e usato come titolo per chiedere la deindicizzazione ai motori di ricerca.

4. Quanto tempo serve per togliere notizie dai motori di ricerca con l’istanza alla cancelleria?
I tempi sono più rapidi rispetto al reclamo al Garante della privacy: una volta ottenuto il provvedimento con annotazione, l’istanza a Google è immediatamente fondata su un titolo giudiziario.

5. Se Google rifiuta comunque, quali alternative ho?
È possibile insistere inviando la documentazione giudiziaria via email, oppure proporre reclamo al Garante o ricorso giurisdizionale. Tuttavia, con un provvedimento ex art. 64-ter c.p.p., le possibilità di accoglimento sono molto più alte.

6. Posso chiedere di rimuovere informazioni personali da Google anche se sono un imprenditore?
Sì. Le norme europee sulla privacy si applicano ai dati personali delle persone fisiche, indipendentemente dalla loro professione o ruolo sociale. L’importante è che si tratti di dati che incidono sulla reputazione individuale.

7. Quali sono i rischi se non esercito il diritto all’oblio?
Il principale rischio è quello di veder compromessa la propria reputazione online, con danni concreti: perdita di clienti, mancati incarichi professionali, difficoltà nell’accesso a partnership o finanziamenti.

8. Serve un avvocato per chiedere di eliminare il proprio nome da Google dopo un’assoluzione?
Non è obbligatorio, ma fortemente consigliato. Un legale specializzato in privacy e reputazione online può curare l’istanza in cancelleria, dialogare con Google e, se necessario, presentare reclamo al Garante.

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