Cancellare notizie da Google: archivio provvedimenti del Garante
29 Agosto 2024
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Cancellare notizie da Google è un tema complesso, che intreccia il diritto all’informazione con il diritto alla privacy. In Europa, questo equilibrio è regolato dal “diritto all’oblio Google“, introdotto con il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). Secondo questa normativa, i cittadini possono chiedere ai motori di ricerca, come Google, di eliminare informazioni da internet, come contenuti irrilevanti o dannosi per la propria reputazione. In Italia, il Garante per la Protezione dei Dati Personali svolge un ruolo cruciale nella valutazione e gestione di queste richieste.
Diritto all’oblio Google: esplorare l’archivio provvedimenti del Garante per la Protezione dei Dati per cancellare notizie da Google
L’archivio dei provvedimenti del Garante rappresenta una risorsa preziosa per comprendere come vengano trattate le richieste per cancellare notizie da Google, fornendo esempi concreti di decisioni adottate in merito alla cancellazione di notizie dalla rete. Questo archivio documenta le circostanze in cui le istanze vengono accolte o respinte, illustrando i criteri e le linee guida applicate per bilanciare gli interessi in gioco. Esplorare l’archivio dei provvedimenti del Garante offre una visione approfondita delle dinamiche che governano la gestione delle informazioni online, evidenziando le tendenze emergenti e le decisioni che modellano il futuro del diritto all’oblio Google nel contesto digitale.
Richiesta di rimozione URL da Google: provvedimento del 19 Settembre 2019
Il Garante per la protezione dei dati personali ha recentemente esaminato un reclamo presentato da un individuo, il quale chiedeva la rimozione di alcuni URL dai risultati di ricerca di Google. La richiesta era basata sul diritto all’oblio, in quanto l’interessato riteneva che i contenuti non fossero più rilevanti a causa del tempo trascorso e del cambiamento della sua situazione. L’individuo coinvolto aveva chiesto la rimozione di URL che rimandavano a articoli riguardanti una condanna giudiziaria avvenuta nel 2014. Il reclamante sosteneva che, in virtù del tempo trascorso e del suo comportamento successivo impeccabile, non vi fosse più un interesse pubblico a mantenere tali informazioni accessibili.
Google ha risposto dichiarando che alcuni URL menzionati non risultano più associati al nome dell’interessato e ha sostenuto che per altri URL non sussistono le condizioni per l’applicazione del diritto all’oblio. Secondo Google, la vicenda, essendo recente e grave, non giustifica la rimozione dei link dai risultati di ricerca. Il Garante ha accertato che:
- Gli URL indicati come nn. da 1 a 3 non sono più associati al nome del reclamante e quindi non richiedono ulteriori provvedimenti.
- L’URL n. 6 non contiene informazioni relative al reclamante.
- Ha dichiarato infondato il reclamo per quanto riguarda gli URL dal n. 4 al 25. Questo perché i contenuti ancora attuali e rilevanti non giustificano la rimozione, dato che la condanna è stata confermata anche in appello e l’interesse pubblico è ancora presente.
Dunque, il provvedimento del 19 Settembre 2019 ha evidenziato che, sebbene il diritto all’oblio possa essere esercitato, esso deve essere bilanciato con l’interesse pubblico alla conoscenza di fatti recenti e rilevanti. La decisione ha sottolineato anche l’importanza di considerare la gravità del reato e la tempistica dell’interesse pubblico.
Eliminare informazioni personali dal Internet: il provvedimento del 28 Febbraio 2019
Il provvedimento del 28 Febbraio 2019 si riferisce a un reclamo presentato contro Google LLC e chiedeva la rimozione di 73 URL dai risultati di ricerca associati al nome del reclamante. Questi URL rimandavano a articoli riguardanti una condanna penale di primo grado, successivamente impugnata, per una vicenda che si era conclusa con una pena di un anno e due mesi di reclusione, sospesa e non menzionata nel certificato del casellario giudiziale. L’interessato ha sostenuto che la pubblicazione e la continua indicizzazione delle notizie relative alla condanna danneggiavano la sua immagine personale e professionale, compromettendo gli effetti benefici della sospensione della pena e della non menzione.
Google ha replicato sostenendo che il reclamo fosse inammissibile per i riferimenti al luogo di lavoro dell’interessato, che non poteva beneficiare delle normative sulla protezione dei dati personali e ha argomentato che gli URL contestati non riguardassero direttamente il procedimento penale o fossero di rilevanza pubblica, giustificando così la loro permanenza online. Il Garante ha deciso di dichiarare inammissibile la richiesta di rimozione per alcuni URL specifici, ritenendo che non fossero pertinenti al caso in esame. Tuttavia, ha accolto parzialmente il reclamo per gli altri URL, ordinando a Google LLC di rimuovere tali risultati di ricerca entro venti giorni dalla ricezione del provvedimento.
Il Garante ha sottolineato che la continua visibilità di queste notizie online comprometteva in maniera sproporzionata il diritto alla protezione dei dati personali dell’interessato, vanificando l’effetto riabilitativo della condanna sospesa e della non menzione. La decisione si basa sui principi del diritto all’oblio per eliminare informazioni personali da internet e della protezione dei dati personali, come stabilito dal Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR). Dunque, il provvedimento del Garante ha messo in luce l’importanza di bilanciare l’interesse pubblico con i diritti individuali, in particolare in casi che coinvolgono la visibilità di condanne penali online.
Cancellare un articolo da Google ed eliminare URL da Google: provvedimento del 9 maggio 2018
Il provvedimento del 9 maggio 2018 ha esaminato il caso del ricorrente che aveva avanzato le seguenti richieste:
- Cancellare un articolo da Google da lui scritto e pubblicato su un sito web non identificabile, attraverso Google, in qualità di proprietaria della piattaforma Blogger.
- Rimuovere URL Google associati al suo nome tramite il motore di ricerca di Google, contenenti articoli e immagini lesivi della sua reputazione.
- Il rimborso delle spese legali sostenute.
L’interessato ha lamentato danni alla propria reputazione personale e professionale a causa dell’associazione casuale tra il suo nome e contenuti ritenuti offensivi, senza alcun collegamento reale con la sua persona o la sua attività politica. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per quanto riguarda la richiesta di rimozione di URL specifici (numeri 1, 9, 10, 11, 12 e 13), in quanto non sono stati presentati gli URL associati alle immagini e non è stato effettuato l’interpello preventivo. Per quanto riguarda la rimozione dell’articolo pubblicato sul sito web non identificabile e degli URL numerati da 3 a 8, Google ha già provveduto alla rimozione come richiesto. Pertanto, non vi è stato motivo di ulteriori interventi.
Cancellare notizie da Google: provvedimento del 5 aprile 2018
Nel provvedimento del 5 aprile 2018, il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha esaminato il ricorso di rimozione di URL collegati al suo nome, ritenuti lesivi della sua reputazione, e il rimborso delle spese legali. Il richiedente ha lamentato che gli articoli associati ai suoi dati personali, reperibili tramite il motore di ricerca di Google, presentano informazioni sulla sua vita professionale in modo distorto e fuorviante, suggerendo comportamenti scorretti non accertati. La sua richiesta di rimozione si basa su presunti danni alla sua reputazione e sulla normativa relativa al diritto all’oblio.
Google ha respinto la richiesta di rimozione, sostenendo che:
- Non era competente a valutare il carattere diffamatorio dei contenuti, in quanto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea non prevede tale applicabilità per il motore di ricerca.
- Non vi erano prove sufficienti che dimostrino l’inesattezza oggettiva delle notizie.
Al contrario, il Garante ha accolto il ricorso per i seguenti motivi:
- Diritto all’oblio: Le informazioni riguardanti eventi risalenti al 2013 non sembravano mantenere un interesse pubblico significativo, soprattutto considerando che la società del ricorrente non esisteva più.
- Impressione fuorviante: Gli articoli potevano generare un’impressione inaccurata del ricorrente, non bilanciata da un interesse pubblico predominante.
Pertanto, il Garante ha ordinato di rimuovere gli URL Google richiesti entro venti giorni dalla ricezione del provvedimento. Inoltre, aveva fissato le spese del procedimento a €500, di cui €250 a carico di Google.
Conclusione
La gestione delle richieste di rimozione di URL da Google, alla luce del diritto all’oblio, richiede un delicato equilibrio tra la protezione della privacy e l’interesse pubblico. Le decisioni del Garante per la Protezione dei Dati Personali dimostrano come le istanze siano valutate in base alla rilevanza e all’aggiornamento delle informazioni, alla gravità dei contenuti e alla loro pertinenza rispetto al tempo trascorso. Esplorare l’archivio dei provvedimenti offre chiarimenti cruciali su come la normativa GDPR venga applicata nella pratica, confermando che il diritto all’oblio Google per cancellare notizie da Google non può prevalere sull’interesse pubblico senza una valutazione accurata.