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La posizione del Garante avverso il trattamento dei dati giudiziari, la nuova frotniera della privacy in tema di giustizia online

La posizione del Garante avverso il trattamento dei dati giudiziari, la nuova frotniera della privacy in tema di giustizia online

By Avv. Ludovica Marano

Cyber Lex
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Il Ministero della Giustizia,data l’importanza e la delicatezza delle informazioni, ha sollecitato il Garante all’emissione di un parere in riferimento, proprio al trattamento dei dati personali. Tali richieste   si pongono nell’ambito delle iniziative di rafforzamento che il Ministero si pone nei settori della legalità e della prevenzione delle infiltrazioni della criminalità nelle attività economiche, ai sensi del D.Lgs. nr. 159/2011.  I protocolli attuati sino ad oggi sono in ogni caso considerati strumenti efficaci nella lotta al contrasto alle infiltrazioni mafiose ed alla criminalità organizzata, soprattutto nel tessuto economico ed imprenditoriale.  Il Garante considera anche che l’art. 2 octies del Codice della Privacy, al co. 3 consente che il trattamento dei dati relativi alle condanne penali, sia autorizzato laddove sia funzionale “all’adempimento di obblighi previsti da disposizioni di legge in materia di comunicazioni e informazioni antimafia o in materia di prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di pericolosità sociale, nei casi previsti da leggi o da regolamenti, o per la produzione della documentazione prescritta dalla legge per partecipare a gare d’appalto”. L’autorità preposta assume la legittimità delle pregresse disposizioni sul tema e le considera come valide tanto che ne dispone lo slittamento anche per le prossime. Invero, i trattamenti delle previgenti sono stati attuati ed attualmente sono operativi anche  per tutti i protocolli di intesa, redatti o non ancora redatti, sino alla data di adozione del decreto stesso. Ancora, disciplina che i dati raccolti con i relativi trattamenti, in attuazione dei protocolli ivi menzionati devono essere adeguati, pertinenti e strettamente necessari alle finalità di prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata; gli stessi poi devono essere esatti, considerando anche gli aggiornamenti alle vicende giudiziarie a cui rimandano e non possono essere utilizzati per finalità diverse da quelle indicate. 

Le disposizioni del GDPR in tema di dati processuali

La norma di cui all’art. 2 octies disciplina, al comma 1, che “fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, il trattamento di dati personali relativi a condanne penali e a reati o a connesse misure di sicurezza sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, del Regolamento, che non avviene sotto il controllo dell’autorità pubblica, è consentito, ai sensi dell’articolo 10 del medesimo regolamento, solo se autorizzato da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, che prevedano garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati”; mentre al co. 2 la norma prescrive che “in mancanza delle predette disposizioni di legge o di regolamento, i trattamenti dei dati di cui al comma 1 nonché’ le garanzie di cui al medesimo comma sono individuati con decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi, ai sensi dell’articolo 17, co. 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Garante.”  Nella specie il Codice, così novellato dal dispone che il Ministero della Giustizia è competente per la previsione di ogni caso in cui il trattamento di dati giudiziari, ai sensi dell’art. 10 del GDPR, possa ritenersi legittimato.

Le principali novità sul tema

L’art. 4 dello schema operato dal Governo e dal Garante è dedicato alle garanzie in rilievo a tutti i trattamenti, la norma chiarisce che il Titolare del Trattamento, deve effettuare lo stesso con operazioni che siano proporzionate alla qualità dei dati trattati, nonché agli “obblighi, ai compiti o alle finalità per i quali è autorizzato il trattamento”.  Ancora, la disposizione prescrive che il Titolare deve limitare il trattamento ai soli dati necessari per le finalità previste, e laddove non si possa effettuare tale cernita, i dati devono essere anonimizzati; questo per tutelare chiaramente il diritto alla privacy, ed alla reputazione online del soggetto, il quale potrebbe vedersi costretto, allorquando le informazioni concernenti procedimenti penali a suo carico vengano rese note, ad inoltrare reclami sia all’Autorità competente che ai motori di ricerca per la cancellazione delle informazioni dal web o chiederne la deindicizzazione. Da questo assunto ne discende, dunque, l’obbligo alla cancellazione dei dati che, anche a seguito delle verifiche, risultino inadeguati, non pertinenti o non necessari, e dunque non siano tali da poter tutelare l’interesse storiografico della notizia.   Ancora, l’art. 6 prevede disposizioni in merito al trattamento da parte di soggetti privati dei dati giudiziari che siano funzionali alla verifica ed all’accertamento di requisiti di onorabilità e presupposti interdittivi.  Si comprende che questo è un abito connotato da una particolare delicatezza, proprio perché è difficile controbilanciare i diversi interessi in gioco, da una parte quello del singolo a non vedersi leso nel proprio diritto all’oblio e dall’altro quello della collettività, o della amministrazione pubblica, la quale deve avere accesso a siffatti dati, laddove questi siano funzionali ad accertamenti.

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