Il diritto all’oblio viene oggi conosciuto come quel nuovo diritto, il quale permette ad un soggetto determinato di richiedere la rimozione ovvero la cancellazione odi quelle informazioni personali che possono essere considerate lesive o non pertinenti per la protezione della sua privacy che si rinvengono sul web. Questo diritto si è evoluto in seguito all’espansione delle tecnologie digitali e alla quantità di informazioni che vengono raccolte e condivise su Internet. Brevemente, la rimozione dei dati personali dal web può avvenire attraverso la cancellazione o della pagina web oppure della fonte della informazione in questione, o, ancora, mediante l’oscuramento delle informazioni sensibili tali per cui non è possibile risalire al soggetto interessato digitando quel determinato nome nelle ricerche di un motore di ricerca. In questo caso la procedura non consente la totale eliminazione bensì la c.d. deindicizzazione dai motori di ricerca delle informazioni pregiudizievoli, la procedura avrà lo stesso effetto pratico della rimozione. La procedura per richiedere la cancellazione varia a seconda del paese e delle leggi in vigore, ma in generale è necessario inviare una richiesta scritta al gestore del sito web o al titolare dei dati.
Le origini del diritto all’oblio
Appare necessario ai fini di una maggior comprensione del provvedimento del Garante privacy italiano chiarire quali siano le origini del diritto all’oblio. Il diritto all’oblio è stato formalmente riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nel 2014, con la sentenza c.d. Google Spain c. AEPD che vedeva coinvolto il sig. Mario Costeja González, da cui prende il nome la famosissima sentenza. La Corte ha stabilito nella pronuncia che tutti i cittadini europei hanno il diritto di poter richiedere la rimozione delle informazioni personali che non sono più necessarie o che ledono la loro vita privata, a meno che non siano di pubblico interesse. Ad oggi il diritto all’oblio viene disciplinato all’interno dell’art. 17 del GDPR, il quale riferisce che il soggetto che ne abbia interesse può inoltrare richiesta di cancellazione delle notizie che gli creano un pregiudizio direttamente al motore di ricerca, così come lo è Google, al fine di rimuovere il contenuto dalle query.
Il provvedimento del Garante privacy
Il Garante per la protezione dei dati personali è quell’autorità indipendente che viene incaricata di tutelare e proteggere i diritti e le libertà fondamentali in materia di protezione dei dati personali e di controllare il rispetto della normativa europea e nazionale in questo ambito, che non è altro che il regolamento sulla protezione dei dati personali emanato, non senza difficoltò, nel 2018 e conosciuto anche con il nome di GDPR. Il Garante è nominato dal governo e ha il compito di fornire consigli, stabilire linee guida e indagare su eventuali violazioni della privacy. In Italia, ad esempio, il Garante per la protezione dei dati personali è un organismo pubblico dotato di autonomia e indipendenza, con sede a Roma.
Il reclamante nel provvedimento di cui si parla, lamentava di aver avuto un pregiudizio rispetto alla propria reputazione personale ed anche quella professionale a cosa della facile reperibilità di notizie dal contenuto diffamatorio sulla propria identità personale e sulla propria immagine. Ancora, lo stesso reclamava che le notizie riportate in rete rispetto ad un suo coinvolgimento in procedimenti penali ovvero giudiziari erano falsi, e che “all’interno dei predetti articoli viene collegato indebitamente ed ingiustificatamente, mediante l’utilizzo di espedienti narrativi, a soggetti variamente coinvolti in attività criminose determinando a suo carico importanti danni economici dovuti alla perdita di numerose occasioni lavorative, oltreché danni reputazionali”.
La decisione del garante sulla cancellazione delle notizie
Il reclamante e gli altri coimputati, a seguito delle verifiche del Garante, in ragione della non menzione nel casellario di quel procedimento, dichiara il reclamo fondato, chiarendo che in caso contrario “gli effetti del beneficio della non menzione nel casellario giudiziale concessi al reclamante sarebbero vanificati dalla facile reperibilità delle predette informazioni in associazione al nominativo del medesimo”. Per questo motivo accoglie il reclamo e ordina la cancellazione delle notizie lui riguardanti.