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Diritto all’oblio e diritto di cronaca, una recente sentenza

By Avv. Ludovica Marano

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La privacy e la libera circolazione delle informazioni sono questioni di primaria importanza. Due principi fondamentali che spesso entrano in conflitto. Si tratta del “diritto all’oblio” e del “diritto di cronaca“. Questi due concetti si ergono come pilastri centrali nel dibattito sulla tutela della privacy individuale rispetto al diritto del pubblico di accedere a informazioni rilevanti.

Cosa si intende per diritto all’oblio sul web

Il diritto all’oblio è il concetto giuridico secondo il quale un individuo ha il diritto di richiedere la rimozione di informazioni personali obsolete, fuorvianti o dannose dalla pubblica circolazione, specialmente su Internet. Questo concetto è emerso come risposta all’espansione della presenza online e alla difficoltà di controllare e gestire le informazioni personali che circolano nel cyberspazio.

Il leading case diritto all’oblio è il cosiddetto “caso Google Spain” o meglio conosciuto con io nome di sentenza Costeja – dal nome del soggetto che aveva intentando il reclamo per la cancellazione di suoi dati personali dal web e eliminare notizie da Internet – in cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito nel 2014 che i cittadini dell’Unione Europea hanno il diritto di richiedere la rimozione dei risultati di ricerca che includono informazioni obsolete o non pertinenti riguardanti la loro persona.

La contrapposizione con il diritto di cronaca e dell’informazione della collettività

Dall’altra parte dello spettro si trova, invece, come ben si può immaginare, il diritto di cronaca, che in sostanza prende le mosse dal diritto del pubblico di accedere a informazioni rilevanti e di interesse pubblico. Questo principio è fondamentale per il giornalismo e per l’informazione responsabile della società. La libertà di stampa e l’accesso alle informazioni di interesse pubblico sono elementi chiave per una democrazia sana e per un controllo sociale efficace.

Come il diritto all’oblio, anche il diritto di cronaca non è assoluto. Esistono vincoli etici e legali che regolamentano ciò che può essere reso pubblico e come. Questi vincoli includono la protezione della privacy individuale, la prevenzione della diffamazione e la non divulgazione di informazioni sensibili che potrebbero mettere a rischio la sicurezza nazionale o la vita privata delle persone.

Il bilanciamento tra i due diritti 

Il dibattito tra diritto all’oblio e diritto di cronaca non altro che un riflesso della tensione tra il diritto alla privacy individuale e l’accesso della collettività alle informazioni pubbliche. Trovare un equilibrio tra questi due principi può essere complesso e spesso dipende dal contesto specifico e dalle circostanze in gioco. Un aspetto cruciale di questo dibattito è il concetto di “rilevanza pubblica”. Le informazioni legate a figure pubbliche, politici o personaggi di spicco possono essere considerate di interesse pubblico, giustificando una maggiore diffusione rispetto alle informazioni personali di individui privati.

Tuttavia, il passare del tempo può renderle obsolete o non più rilevanti. Qui entra in gioco il diritto all’oblio, per cui l’interessato può chiedere di eliminare notizie dal web. Ad esempio, se un individuo ha commesso un errore nel passato e ha scontato la sua pena, dovrebbe essere in grado di vivere senza che tale errore lo perseguiti costantemente online. La sfida nell’applicare questi principi giuridici emerge chiaramente quando si tratta di regolamentare la presenza online. Molti Paesi hanno aggiunto regolamenti specifici per affrontare il diritto all’oblio, ma l’implementazione pratica rimane una questione complessa.

Le decisioni su cosa deve essere rimosso e cosa deve restare accessibile possono spesso suscitare polemiche e disaccordi. Un altro aspetto da considerare è la portata globale di Internet. Ciò che è considerato una violazione del diritto all’oblio in un Paese potrebbe non esserlo altrove, creando conflitti e sfide nella gestione di contenuti transnazionali.

Una recente sentenza sul diritto di cronaca in contrapposizione al diritto alla cancellazione delle informazioni personali dal web

Un individuo che ha presentato una denuncia al Garante per la protezione dei dati personali ha sottolineato che un giornale locale aveva violato la sua privacy attraverso la pubblicazione di articoli riguardanti un incidente di cronaca in cui era stato coinvolto come vittima. Nel dettaglio, il denunciante ha affermato che gli è stata fatta una chiamata da parte di un giornalista, il quale aveva richiesto informazioni relative a un tentativo di rapina che aveva subito e al risultato dell’evento. In questa occasione, il denunciante aveva chiaramente rifiutato di concedere un’intervista.

Nonostante il suo rifiuto, il giornale ha comunque pubblicato la notizia, includendo una descrizione dell’incidente ed i dettagli personali del denunciante. Tra questi dettagli figuravano il suo nome e cognome, la sua professione, il comune di residenza, oltre alla marca, al materiale e al valore dell’orologio coinvolto nell’incidente. Si fa presente come la raccolta non autorizzata di tali informazioni e la loro diffusione sono avvenute in violazione del principio di essenzialità delle informazioni.

Alla luce di queste circostanze, il denunciante ha richiesto che potesse emessa una sanzione nei confronti del giornale e che potesse imporre un divieto per ulteriori elaborazioni dei dati personali dell’individuo interessato, sia sulla versione cartacea che online del giornale. La testata giornalistica ha risposto in sua difesa sostenendo, innanzitutto, che il giornalista coinvolto nella comunicazione con il denunciante non faceva parte dello staff del giornale in questione. Questo fatto, affermava la testata, dimostrerebbe che i dati personali dell’individuo erano già noti prima che il giornale pubblicasse il suo primo articolo.

La decisione del Garante Privacy

Il Garante inizialmente ha sottolineato che gli articoli oggetto del reclamo costituiscono un’espressione della professione giornalistica e quindi rientrano nelle attività svolte per scopi giornalistici, come stabiliti dalle leggi sulla privacy e dalle norme etiche. Secondo queste disposizioni, è permesso divulgare dati personali delle persone per scopi giornalistici, purché la notizia sia rilevante per fatti di interesse pubblico. Chiariva come nel caso in questione, gli articoli pubblicati dal giornale riguardano un evento di interesse pubblico.

Questo evento ha suscitato molta attenzione a livello locale, in particolare a causa della natura dei fatti che hanno portato alla morte dell’autrice dell’azione durante la sua fuga con il marito. Nonostante l’importanza pubblica della notizia, il Garante ritiene che i dati personali della vittima (come il suo nome e cognome) non siano elementi essenziali e indispensabili per la pubblicazione della notizia stessa.

Infatti, secondo il Garante, il giornale avrebbe potuto e dovuto raggiungere il suo obiettivo informativo utilizzando approcci che avrebbero raccontato la vicenda senza violare la sfera privata dell’individuo coinvolto, come ad esempio l’utilizzo di un nome fittizio. E, dunque, l’adozione di queste precauzioni avrebbe non solo protetto la privacy dell’individuo coinvolto, ma avrebbe anche impedito la sua identificazione e il rischio di futuri reati simili nei suoi confronti.

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