Cancellare notizie da Google, ultime sentenze UE
10 Agosto 2023
Cancelliamo
i Dati Indesiderati
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Prima di addentrarci nell’analisi della giurisprudenza in riferimento al diritto all’oblio, appare essenziale comprendere come sia nato questo concetto. Nel contesto delle attività online, molte informazioni personali vengono condivise senza riflettere sul loro potenziale impatto futuro. Questi dati possono persistere nel tempo, diventando visibili a chiunque abbia accesso a Internet.
Questa esposizione può avere conseguenze significative, come danneggiare la reputazione di un individuo, influenzare opportunità lavorative o relazioni personali. Qui entra in gioco il diritto all’oblio, che mira a bilanciare il diritto alla privacy delle persone con il diritto all’informazione. In proposito, nell’articolo di oggi, analizziamo le ultime sentenze UE su cancellare notizie da Google.
La Sentenza Costeja del 2014: Google contro AEPD e Mario Costeja González
La sentenza Costeja del 2014, emanata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, anche detta in acronimo CGUE, è stata un punto di svolta fondamentale nella definizione e nell’applicazione del diritto all’oblio. Il caso ruotava attorno a Mario Costeja González, un cittadino spagnolo che aveva chiesto a Google di rimuovere determinati link dai risultati di ricerca che collegavano a informazioni datate relative a un’asta di pignoramento della sua proprietà avvenuta anni prima.
Il Sig. Costeja sosteneva che tali informazioni ormai obsolete danneggiavano la sua reputazione e non erano più rilevanti. Per questo, data la sua natura innovativa, la sentenza ha stabilito un precedente cruciale, riconoscendo il diritto delle persone di chiedere la rimozione dei dati personali obsoleti o non pertinenti dai risultati di ricerca. Ha gettato le basi per l’elaborazione e l’attuazione del GDPR, un regolamento che ha ulteriormente rafforzato e ampliato il concetto di diritto all’oblio e affronta la questione come togliere notizie da internet.
Bilanciamento tra diritto all’oblio e libertà di informazione
È importante sottolineare che il diritto all’oblio non è assoluto e deve essere bilanciato con il diritto alla libertà di espressione e di informazione. Il GDPR, per l’appunto, riconosce siffatto equilibrio, affermando che il diritto all’oblio può essere limitato quando sussiste un interesse pubblico preminente nel mantenere l’accesso alle informazioni, come nel caso di figure pubbliche o fatti storici rilevanti.
Tuttavia, la definizione di quali informazioni devono essere ritenute pertinenti o obsolete può essere complessa e soggettiva. La valutazione deve considerare vari fattori, come l’importanza delle informazioni, il contesto in cui sono state condivise e il periodo di tempo trascorso dalla loro pubblicazione.
La giurisprudenza sul diritto all’oblio
Una delle recenti decisioni della giurisprudenza sul diritto all’oblio ha riacceso l’attenzione sulla questione in occasione della presentazione delle conclusioni dell’Avvocato Generale Pitruzzella. Queste sono state presentate in risposta a una domanda posta alla Corte di Giustizia dall’autorità giudiziaria tedesca Bundesgerichtshof. Nel cuore del dibattito c’è ancora una volta il motore di ricerca statunitense Google.
La questione verte sulla corretta interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 3, lettera a) del Regolamento 2016/679, in relazione a una richiesta di deindicizzazione di alcune informazioni ritenute erronee dai ricorrenti. Si tratta anche della rimozione di immagini in forma di miniatura, dette “thumbnails”. L’Avvocato Generale ha sottolineato l’importanza di stabilire un “dato procedurale”, che metterebbe in capo all’individuo la responsabilità di presentare una prova iniziale della falsità dei contenuti per cui viene richiesta la deindicizzazione.
Inoltre, ha assegnato al motore di ricerca il compito di verificare l’effettiva inesattezza dei dati, rispettando le proprie capacità tecniche. Questo monitoraggio potrebbe includere il contatto con l’editore della pagina web indicizzata, quando possibile.
I compiti del motore di ricerca in materia di cancellazione di dati personali dal web
A tal proposito, non può mancare un piccolo accenno agli obblighi dei motori di ricerca. Invero, è stato assegnato al motore di ricerca il compito di verificare l’accuratezza delle informazioni in questione, considerando le proprie capacità tecniche effettive. In alcuni casi, potrebbe persino consultare l’editore del sito web indicizzato per confermare la veridicità delle informazioni.
Nel caso in cui permanga un dubbio sull’autenticità dei contenuti, il motore di ricerca dovrebbe respingere la richiesta di deindicizzazione. Questo consentirebbe all’individuo di rivolgersi all’autorità di controllo in base all’articolo 51 del GDPR, per contestare la decisione presa dal provider di hosting. In questo contesto, il diritto all’oblio conferisce al motore di ricerca un nuovo e significativo potere di intervento all’interno di una società democratica.
Esso consiste nell’esaminare insieme la veridicità delle informazioni presenti sulla propria piattaforma. È un potere che assume un’importanza ancora maggiore se considerato alla luce dell’assenza persistente di un obbligo di monitoraggio generale dei contenuti ospitati, già previsto dall’articolo 15 della direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE e ribadito dal recente Digital Service Act, approvato dal Parlamento europeo solo pochi giorni fa.