Sentenze EU per eliminare informazioni inesatte dalle ricerche Google
12 Dicembre 2022
Cancelliamo
i Dati Indesiderati
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Il termine che si è sviluppato sempre di più negli ultimi decenni nel campo digitale e non solo è quello ormai noto di diritto all’oblio. Il diritto ad essere dimenticati fonda la propria base normativa sulle disposizioni inserite nel GDPR, ed in particolar modo nell’articolo 17 del Regolamento sulla protezione dei dati personali in rete, che tiene conto del diritto di richiedere la deindicizzazione stabilito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea con la sentenza c.d. Costeja. La sentenza di cui si parla, anche conosciuta ormai con il nome di Sentenza Costeja, in onore del soggetto che propose il ricorso per cancellare le proprie informazioni personali dal web, relative, nello specifico ad alcune vicende con il fisco, e dunque vale a dire il Sig. Costeja, venne pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea, in acronimo CGUE, nel maggio del 2014 e chiarì che un soggetto interessato ha la facoltà di chiedere al fornitore del motore di ricerca, di rimuovere notizie pregiudizievoli, obsolete e non aggiornate nonché link verso pagine web dall’elenco di risultati, anche definita query, che appare nei suggerimenti successivamente all’immissione nella barra apposita di parole chiave e dati, quali nome e cognome di un soggetto.
A seguito della sentenza summenzionata, gli interessati ad ottenere la cancellazione o la deindicizzazione dei loro dati personali dai motori di ricerca, appaiono essere maggiormente consapevoli sul loro diritto di cancellazione. Sul punto è stato osservato che le Autorita? di controllo, quale Garante Privacy, hanno avuto un aumento del numero di reclami riguardanti il rifiuto da parte dei fornitori di motori di ricerca per la deindicizzazione di link che possano proporre pregiudizio all’interessato avverso la sua reputazione sia personale che professionale.
Altre sentenze dell’UE per la cancellazione di informazioni dalla rete
È notizia recente che due soggetti interessati avevano promosso ricorso chiedendo al browser di ricerca Google le loro fotografie, di eliminare le fotografie che erano visualizzate sotto forma di miniature nell’elenco dei risultati di una ricerca di immagini che apparivano a seguito della digitazione nella barra delle ricerche dei propri nomi. C’è da dire che in questo elenco di fotografia, ovvero nelle query di Google, venivano visualizzate solo ed esclusivamente le c.d. miniature, dunque le immagini piccole di anteprima, senza però riportare quelli che erano gli elementi del contesto della pubblicazione delle foto nella pagina ove si trovavano le notizie. In sostanza, il contesto della pubblicazione delle immagini non era indicato e nemmeno poteva essere visibile al momento della digitazione dei nomi e della conseguente apparizione nella finestra delle miniature.
La decisione della Corte UE
La Corte federale di giustizia tedesca, che veniva investita della decisione aveva portato la questione, così come a lei riportata, alla Corte di giustizia Europea in modo tale da farle interpretare il regolamento generale sulla protezione dei dati personali, anche definito con l’acronimo di GDPR, ed anche la direttiva inerente alla tutela delle persone fisiche con particolare riguardo al trattamento dei dati personali, in armonizzazione con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. La Corte, nella pronuncia recentissima ora in esame aveva considerato come il motore di ricerca, per poter verificare, a seguito di una richiesta di deindicizzazione ovvero di cancellazione, se un contenuto potesse continuare ad essere incluso nell’elenco delle query di Google “deve fondarsi sull’insieme dei diritti e degli interessi in gioco nonché su tutte le circostanze del caso di specie”.