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Diritto all’Oblio: dopo la riforma Cartabia, la sentenza penale diventa condizioni di eliminazione

Diritto all’Oblio: dopo la riforma Cartabia, la sentenza penale diventa condizioni di eliminazione

By Avv. Ludovica Marano

Cyber Lex
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La conservazione per lungo tempo dei dati posti sul web nonché l’immediata reperibilità degli stessi, rappresentano il punto di forza e la debolezza della nostra epoca digitale. La situazione qui descritta, può essere risolta attraverso il c.d. diritto all’oblio,  il quale viene determinato, dalle leggi europee quali il GDPR, come il diritto ad essere dimenticati ed ottenere la cancellazione del proprio nome dal web o anche la rimozione di notizie pregiudizievoli per l’interessato. Tuttavia, le ipotesi qui descritte sono di particolari delicatezza tanto che l’ottenimento di un provvedimento di cancellazione appare essere, ad oggi molto complesso, sia rispetto alla procedura che rispetto alla vera e propria decisione di accoglimento. Siffatta circostanza denota così la quasi impossibilità di obliare le colpe passate con la conseguenza di non consentire al reo di ricostruirsi una nuova identità. 

La nuova riforma della giustizia penale, c.d. riforma Cartabia

La riforma della giustizia promossa dal Ministro Cartabia, da cui prende il nome, a seguito degli emendamenti proposti nonché approvati in sede di Commissione Giustizia del Parlamento, statuisce un iter molto più facile per poter richiedere la rimozione delle URL pregiudizievoli rispetto a notizie per cui il reo sia stato assolto.  Orbene, in conseguenza dell’approvazione della riforma sarà possibile la riabilitazione del reo anche sul web, che prima della riforma, come anticipato, era connotata da ingente complessità. Con precisione, non ci sarà una cancellazione automatica, siccome se così fosse si andrebbe contro i contro limiti imposti al diritto all’oblio, vale a dire il diritto di cronaca e di informazione, i quali presuppongono quel diritto di diffondere ciò che è collegato a fatti ed avvenimenti di interesse pubblico e storiografico.

L’ipotesi di deindicizzazione

La deindicizzazione ha tuttavia il medesimo effetto pratico, che è quello di impedire che una determinata informazione possa essere connessa da chi ricerca il nome e cognome dell’interessato.

Il diritto all’oblio dopo la riforma del processo penale

All’art. 13 bis del disegno di legge della riforma del processo penale, viene indicato che al fine dell’acquisizione del titolo per richiedere la deindicizzazione dei dati da Google, o altri motori di ricerca, è necessario avere un provvedimento favorevole emesso dal Giudice, che sia intervenuto nel procedimento a carico dell’interessato. 

Quali sono i titoli idonei a far scattare il diritto all’oblio

Ad essere precisi i titoli idonei a far scattare l’inizio delle procedure di deindicizzazione sono, rispetto a quanto dice la riforma, quelli indicati di seguito:

-decreto di archiviazione emesso dal Giudice delle indagini preliminari (GIP) laddove la notizia di reato si ritiene essere infondata;

-sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p. emessa all’esito dell’udienza preliminare, la quale riconosce l’infondatezza dell’accusa prima di iniziare il processo;

-sentenza di assoluzione di primo grado, laddove risulti che il fatto non sussiste, non costituisce reato o l’imputato non lo ha commesso. 

Orbene, affinché si possa attivare automaticamente la procedura sopra indicata, la sentenza dell’Autorità Giudiziaria deve contenere la dicitura che il reo è stato prosciolto o assolto perché il fatto non sussiste o, in alternativa, perché non ha commesso il fatto; in poche parole la formula piena ai sensi dell’art. 530 co. 1 c.p.p.

Quando sarà attivabile la procedura?

La riforma così come descritta, dovrebbe entrare in vigore già alla fine del 2021, a seguito della approvazione definitiva del Parlamento ed a seguito della stesura dei rispettivi Decreti Legislativi che ne dovranno precisare ulteriormente il contenuto.

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