Il lemma diritto all’oblio viene inteso come il potere di disporre dei propri dati personali. Per disposizione si intende la cancellazione dei dati che si presentano sotto forma di articoli o notizie nel web di dominio pubblico riguardanti il soggetto interessato. In questo senso quando ci si accosta alla sfera della privacy di un soggetto, e soprattutto nella ipotesi in cui si utilizzi l’espressione diritto all’oblio, si fa riferimento alla facoltà dell’interessato ad essere dimenticato o non essere più collegato ad una determinata notizia che lo riguarda, la quale può creargli disagio. Nella maggior parte dei casi, siffatti episodi sono per lo più connessi a vicende di natura giudiziaria di carattere penale. Si pensi a vicende riguardanti omicidi, reati tributari o casi di pedofilia, in queste particolari ipotesi viene da sé che il reo, soprattutto se interessato da una pronuncia assolutoria non voglia più essere accostato alla vicenda storica, e voglia avere la possibilità di vedere riabilitato il proprio nome ed il proprio status sociale. Prescindendo dalle ipotesi delle pronunce assolutorie, casi che vengono trattati in maniera dettagliata all’interno della riforma Cartabia, ad esempio le ipotesi di notizie caricate in rete che siano erronee o obsolete, e che, tramite link o indici di informazioni, continuano in ogni caso a pregiudicare l’interessato nei propri rapporti sociali. Nell’epoca moderna, o meglio nella c.d. era digitale, con l’avvento della sempre più pressante diffusione in internet delle notizie di ordine quotidiano, la cancellazione può essere chiesta non solo alla testata giornalistica o al sito che ha pubblicato l’articolo pregiudizievole, ma anche agli stessi motori di ricerca, di cui portavoce è sicuramente il noto Google. Tuttavia, pur essendo il diritto all’oblio ormai riconosciuto in ambito nazionale e internazionale, la effettiva cancellazione risulta essere alquanto farraginosa, poiché non sempre la testata giornalistica rimuove in maniera celere, o più semplicemente elimina i contenuti dannosi per l’interessato. In tal senso il dissenso viene giustificato attraverso la coesione del motore di ricerca e/o della testata giornalistica ai principi di cui al diritto di cronaca e di pubblicazione di notizie di interesse pubblico.
Diritto all’oblio dopo la riforma Cartabia
Nel caso più eclatante è sicuramente più pericoloso per la riabilitazione del soggetto, di vicende giudiziarie a carattere penale, al fine di contenere i ricorsi al garante della privacy (che è uno dei tanti metodi per avvalersi del diritto all’oblio) e per evitare che l’interessato debba autonomamente provvedere a richiedere la cancellazione di una notizia, è stato approvato Commissione giustizia un emendamento – art. 13 bis del disegno di Legge in esame – alla c.d. Riforma Cartabia. Nella riforma varata dal Ministro è stato infatti previsto il diritto all’oblio, attraverso la deindicizzazione delle notizie attinenti a procedimenti penali definiti con archiviazione, sentenza di non luogo a procedere o assoluzione. Prima bisogna chiarire la definizione del termine “indicizzazione”. Ebbene, i motori di ricerca attraverso parole chiave e tag appositi, organizzano un contenuto, al fine di includerlo nell’indice della barra di ricerca dell’internet, rendendolo così maggiormente visibile agli altri utenti. La deindicizzazione, al contrario, è il procedimento opposto alla indicizzazione: nel senso che rende non direttamente accessibile una particolare notizia con i motori di ricerca esterni all’archivio in cui quel contenuto si trova. Quest’ultimo, dunque, è cosa ben diversa dalla cancellazione delle informazioni, le quali vengono eliminate del tutto dalla rete. La riforma Cartabia determina una modifica rispetto all’art. 154 ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, stabilendo che le prescrizioni delle sentenze favorevoli al prevenuto vengano comunicate al Garante privacy, costituendo altresì titolo per l’emissione senza ritardo di un provvedimento di deindicizzazione dalla rete internet dei contenuti negativi che derivano dal procedimento penale e comprendenti i dati personali dell’accusato.
Come rimuovere notizie in ambito penale dopo la riforma
Ante riforma, un provvedimento assolutorio, che fosse una sentenza ovvero una archiviazione, non era automaticamente idoneo per richiedere la deindicizzazione delle informazioni dai motori di ricerca né per la rimozione della notizia dai siti web che l’avevano pubblicata. L’inoltro della domanda per avere la rimozione dei contenuti personali da una certa pagina, o la cancellazione di un articolo avvenivano tramite una richiesta apposita ai motori di ricerca, attraverso moduli che venivano e vengono tutt’ora messi disposizioni degli stessi provider, come per esempio la compilazione del modulo Google per la cancellazione di dati personali o di un URL particolare. L’emendamento di cui all’art. 13 bis del DDL A.C. nr. 2435, è espressione del principio della presunzione di innocenza, pietra angolare del giusto processo, introdotta dalla direttiva UE 16/343 che statuisce il divieto di presentare in pubblico l’imputato come colpevole. Orbene, il nuovo processo penale disposto dal disegno di legge della Ministra Cartabia rileva quale altro importante tassello nella cultura garantista del processo penale italiano.