Viviamo nell’era digitale, in cui l’accesso a informazioni e notizie è più rapido e ampio che mai grazie a Internet. Tuttavia, questa accessibilità può comportare un rischio per la nostra privacy, poiché informazioni personali possono finire online senza il nostro consenso. Il “diritto all’oblio” è un principio legale che consente alle persone di richiedere la rimozione di informazioni personali da Internet, compresa la rimozione da Google. In questo articolo, esploreremo come cancellare notizie da Internet e rimuovere informazioni personali da Google, nel contesto del diritto all’oblio.
In diritto all’oblio in breve
Il diritto all’oblio è un concetto legale che consente a individui di richiedere la rimozione di informazioni personali che non sono più rilevanti o necessarie dalle pagine web. Questo diritto è stato affermato e riconosciuto in Europa con la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel 2014. In virtù di questo principio, le persone hanno il diritto di essere “dimenticate” dai motori di ricerca come Google quando le informazioni non sono più pertinenti, accurate o necessarie.
Quando si tratta di rimuovere informazioni personali da Google, è importante notare che il diritto all’oblio si applica principalmente a informazioni personalmente identificabili (PII). Queste informazioni includono nomi, indirizzi, numeri di telefono, indirizzi email e altre informazioni che possono identificare direttamente un individuo. Per eliminare informazioni personalmente identificabili, è necessario seguire il processo di richiesta e rimozione descritto in precedenza.
La figura del Garante Privacy
Il Garante per la Protezione dei Dati Personali, noto semplicemente come il “Garante Privacy,” è un’autorità indipendente italiana incaricata di tutelare la privacy e i diritti relativi alla protezione dei dati personali. Si occupa di garantire la conformità delle organizzazioni e delle istituzioni alle leggi sulla privacy e di monitorare la gestione e la sicurezza dei dati personali. Il Garante Privacy gioca un ruolo fondamentale nel promuovere la consapevolezza della privacy e nel risolvere controversie legate alla protezione dei dati personali. Inoltre, fornisce orientamenti e consulenza alle organizzazioni e ai cittadini in merito alle questioni relative alla privacy. Di seguito si analizzano alcuni provvedimenti emessi.
Rimozione di informazioni personalmente identificabili dal web: un provvedimento del Garante Privacy
Il ricorrente, nel procedimento de quo, ha sottolineato che, gli URL indicati conducono ad articoli online relativi a un episodio del 20 novembre 2015 quando era direttore marketing di una società, attiva nel settore dolciario. La società predetta aveva pubblicato un annuncio pubblicitario critico sul web e, a seguito di reazioni negative in quanto considerato omofobo, aveva ritirato immediatamente l’annuncio per poi pubblicarne uno con contenuto diverso. Il ricorrente aveva commentato l’episodio tramite il suo profilo personale su Facebook, senza rivelare il suo ruolo di direttore marketing. Questo aveva portato a critiche online una volta che il suo ruolo era stato scoperto sui social. La notizia era stata successivamente ripresa da vari media e siti web ed è ancora reperibile online a causa della persistente memoria digitale. In seguito, l’interessato, oggi ricorrente, aveva terminato consensualmente il suo rapporto di lavoro con la la società (attualmente in difficoltà finanziaria) ed aveva iniziato una nuova carriera come direttore marketing in un’azienda di moda ben nota.
Ancora, lo stesso soggetto affermava che il suo diritto all’identità personale è stato violato in questo caso. Ha chiesto la deindicizzazione in base all’articolo 11 del Codice e facendo riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 maggio 2014 nella causa C-131/12, nota, come detto, come sentenza “Costeja”, aveva eccepito la mancanza di un interesse pubblico attuale nella conoscenza di notizie obsolete e non aggiornate, date le circostanze temporali e il cambiamento del suo ruolo come direttore marketing della società; ancora, la persistente disponibilità dei contenuti online rappresenta un pregiudizio per la sua reputazione professionale poiché tali contenuti offrono una rappresentazione fuorviante, parziale, molto negativa e non aggiornata della sua persona.
Il Garante, nel caso di specie, ha emesso un provvedimento in cui chiarisce che il ricorrente non è una figura pubblica e non è coinvolto in attività pubbliche rilevanti che giustificherebbero l’accesso del pubblico alle notizie in questione. La permanenza online di queste notizie, associate al nome e cognome del ricorrente, potrebbe causargli un pregiudizio senza un interesse pubblico specifico a condividerle. Di conseguenza, l’Autorità ha accolto il ricorso e ha ordinato alla parte resistente di rimuovere una serie di URL che includono il nome e cognome del ricorrente.
Quando Google cancella prima del Garante
Nella vicenda in questione, la ricorrente ha presentato un ricorso contro Google, poiché non è stata in grado di identificare il titolare del trattamento dei dati relativi al blog “ioelatalpa”. La ricorrente aveva già presentato una querela formale contro gli autori ignoti dell’articolo del blog, accusandoli di contenuto diffamatorio e sostenendo che ciò aveva avuto un impatto negativo sulla sua reputazione e situazione economica. Inizialmente, Google aveva risposto positivamente a una richiesta di rimozione dell’URL in questione nel 2013, ma l’articolo era ancora visibile nei risultati di ricerca quando si digitava il nome della ricorrente e la copia cache dell’articolo era ancora accessibile. Di conseguenza, la ricorrente aveva avanzato un’ulteriore richiesta di rimozione e successivamente aveva presentato un ricorso ai sensi dell’articolo 145 del Codice, dopo che Google aveva confermato la rimozione. Tuttavia, il motore di ricerca, poi, aveva respinto la richiesta di cancellazione in quanto motivata dalla presunta diffamazione dei contenuti, sostenendo di non poter valutare tali accuse in base ai principi stabiliti dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 maggio 2014 (“sentenza Costeja”), poiché tale valutazione spetta alle autorità giudiziarie competenti. Durante il procedimento, Google ha dichiarato che l’URL in questione non era più indicizzata nei risultati del suo motore di ricerca. Di conseguenza, il Garante della Privacy ha dichiarato il “non luogo a provvedere sul ricorso” chiarendo che non era necessario emettere alcun provvedimento in quanto le richieste della ricorrente erano state soddisfatte. Il Garante ha inoltre deciso di compensare le spese del procedimento tra le parti, considerando la specificità della situazione e gli argomenti presentati dalla parte resistente.
Rimozione dell’URL collegate al nome del ricorrente: la decisione del Garante per la Privacy
Nel procedimento ora in esame, invece, il ricorrente ha presentato istanze in base agli articoli 7 e 8 del d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003, noto come il “Codice in materia di protezione dei dati personali.” Le richieste del ricorrente comprendono:
-La rimozione degli URL specificati nell’atto iniziale del procedimento, al fine di impedire che le pagine corrispondenti siano indicizzate da motori di ricerca al di fuori dei siti degli editori.
-La cancellazione delle relative tracce digitali, come snippet (estratti) e pagine cache.
-L’adozione di qualsiasi ulteriore misura ritenuta necessaria a tutelare i diritti del ricorrente.
-La liquidazione delle spese sostenute nel corso del procedimento a favore del ricorrente.
Il ricorrente ha lamentato, ancora, in particolare il danno subito a causa della persistente presenza online di articoli risalenti al 2012 che contengono informazioni “false o fuorvianti” che lo collegano a soggetti coinvolti in procedimenti penali, anche se lui non è mai stato oggetto di indagini o accuse in tali questioni.
Google ha rappresentato la mancanza di rilevanza della falsità delle notizie collegate alla richiesta di rimozione nell’esercizio del diritto all’oblio, suggerendo che tale aspetto potrebbe costituire oggetto di un’azione per la tutela della reputazione nei confronti dell’editore del sito.
Inoltre, con riferimento specifico all’URL su cui si basano le istanze del ricorso, il Garante ha sottolineato che non sussistono i presupposti per invocare il legittimo esercizio del diritto all’oblio, considerando il breve periodo trascorso dal fatto (2012), il ruolo pubblico dell’interessato e la gravità della vicenda che coinvolge personaggi di rilievo e non è ancora conclusa.
Il Garante ha parzialmente accolto il ricorso ed ha ordinato la rimozione dell’URL specifico collegato al nome del ricorrente dai risultati di ricerca entro venti giorni dalla ricezione del provvedimento.