L’espressione diritto all’oblio è stata coniata di recente, infatti solo nel 2014 l’espressione viene usata in una famosa pronuncia al fine di far ottemperare al motore di ricerca Google la cancellazione delle notizie inerenti al Sig. Costeja, il quale, ironia della sorte, oggi viene conosciuto, compresa la sua vicenda personale, come il primo soggetto ad aver ottenuto la cancellazione dei dati personali nonché delle URL lesive ed asociale al proprio nome e cognome.
Il diritto all’oblio, viene, dunque, considerato quale forma di tutela che consiste, come detto, nella non diffusione o divulgazione, senza specifici motivi, di informazioni o notizie che possono costituire un precedente pregiudizievole dell’onore e alla reputazione di una persona, per tali intendendosi principalmente i precedenti giudiziari di una persona. Il diritto ad essere dimenticati online invece consiste nella cancellazione dagli archivi online, anche a distanza di anni, di tutto il materiale che può risultare sconveniente e dannoso per soggetti che sono stati protagonisti in passato di fatti oggetto di cronache. Preposto al controllo è il Garante Privacy, il quale deve attenersi a delle regole precise, quali quelle inserite nell’art. 17 del GDPR al fine di concedere il diritto all’oblio al richiedente.
La normativa del diritto all’oblio
La normativa sul diritto all’oblio è tutta contenuta nell’art. 17 del GDPR, il quale assume una importanza decisiva, in quando non solo limita il beneficio ma ne segna i confini. Infatti, ai sensi dell’art. 17 del Regolamento (UE) 2016/679 il diritto all’oblio viene configurato come quel diritto alla rimozione dei propri dati personali in forma rafforzata. Si prevede, infatti, l’obbligo per i titolari del Trattamento dei dati, laddove vengano “reso pubblici” i dati personali dell’interessato: ad esempio, pubblicandoli su un sito web, di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi “qualsiasi link, copia o riproduzione”.
La deindicizzazione delle notizie lesive
Il diritto all’oblio non sempre si configura attraverso la rimozione delle notizie, ma può anche essere proposto attraverso la c.d. deindicizzazione. In poche parole, la deindicizzazione viene considerata alla stregue della cancellazione e permette all’interessato di non mostrare più quale determinate notizie seguite o indicizzate con il proprio nome e cognome. In sostanza si riserva di avere lo stesso effetto della cancellazione, pur tuttavia facendo restare la notizia in rete. Questo è un ottimo contemperamento tra il diritto all’oblio e il diritto della collettività all’interesse storiografico ed alla informazione.
Orbene, è meglio chiarore che la deindicizzazione non è automatica, a meno che non si guardi alla riforma Cartabia per la quale tanto si è ottenuto in sede di diritto all’oblio. Per poter operare la cancellazione sarà comunque necessario un bilanciamento tra la tutela della privacy del soggetto singolo per cui il diritto viene leso e gli interessi degli utenti in senso di diritto storiografico di poter liberamente avere accesso alle notizie in rete.