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Site icon Diritto All'Oblio su Google – Come Rimuovere il Proprio Nome dai Risultati di Ricerca

Cancellare notizie di cronaca penale da Google

Negli ultimi anni la sempre maggiore digitalizzazione del mondo circostante ha comportato innumerevoli conseguenze e cambiamenti, soprattutto rispetto al modo di reperire, in tempi ormai brevissimi, informazioni riguardo alle persone che ci circondano. Per fare un esempio concreto, partendo proprio dal quotidiano, Google, oggi conosciuto come il più noto motore di ricerca, offre a tutti gli utenti del web la possibilità di reperire facilmente e velocemente di informazioni e notizie rispetto a qualsiasi avvenimento nonché in riferimento ad una determinata persona. Questo reperimento avviene tramite l’inserimento nelle query di ricerca di parole chiave c.d. indicizzazione. Invero, il database di Google, seppur utile, in alcuni casi risulta essere deleterio per tutti quei soggetti che sono stati interessati da accadimenti pregiudizievoli. 

Le origini del diritto all’oblio

Stante quanto premesso sopra, la conservazione per un tempo indefinito dei dati attraverso le ricerche Google consta all’interessato della notizia pregiudizievole, la quasi impossibilità di obliare le proprie colpe passate e di rimando non consentirgli di ricostruirsi una nuova identità sociale. Le origini del diritto all’oblio sono pressoché recenti, infatti già nel 2012 l’Europa iniziava a parlare di diritto alla rimozione dei dati personali, tentando di limitare la raccolta delle informazioni personali, proponendo un’informativa chiara e completa in cui spiegare i fini della stessa per consentirne la rimozione completa. Nel 2016, poi, si è giunti al Regolamento sulla Protezione dei Dati GDPR che ha positivizzato sia i diritti che le modalità di tutela degli stessi, i quali nelle normative previgenti venivano affidati soltanto a pronunce di tipo giurisprudenziale, a livello nazionale che europeo.

La cronaca penale ed il diritto all’oblio

La maggior parte delle richieste di diritto all’oblio avviene su notizie aventi carattere penale. Invero, questi episodi sono per lo più connessi a vicende di natura giudiziaria di carattere penale. Si pensi a vicende riguardanti omicidi, reati tributari o casi di pedofilia, in queste particolari ipotesi viene da sé che il reo, soprattutto se interessato da una pronuncia assolutoria non voglia più essere accostato alla vicenda storica, e voglia avere la possibilità di vedere riabilitato il proprio nome ed il proprio status sociale.

Un provvedimento del garante Privacy 

I fatti che qui si vogliono portare all’attenzione sono inerenti alla circostanza secondo la quale un soggetto, condannato nel corso dell’anno 2021, lamentava al Garante Privacy, autorità indipendente atta alla protezione dei dati personali, la deindicizzazione della sua condanna. La richiesta originava dal fatto che i risultati di ricerca forniti da Google in associazione al suo nome e cognome, vi erano più di 20 URL che rinviavano ad alcuni articoli giornalistici, che erano stati pubblicati tra il 2019 e il 2020, all’interno dei quali si parlava del coinvolgimento del reclamante, quale assistente di un europarlamentare, in una indagine che lo vedeva coinvolto in una presunta truffa aggravata ai danni dell’unione europea.Nel 2021, l’interessato aveva concluso il suo procedimento penale con un patteggiamento. Secondo la difesa di Google, veniva posto in essere che non fosse trascorso un periodo di tempo tale per cui si potesse ritenere la notizia obsoleta. Infatti, secondo il motore di ricerca, l’interesse storiografico inerente a quella notizia era ancora forte e persistente per la informazione della collettività.

La decisione del Garante

Il Garante nel prendere in decisione la causa a cui era stato sottoposto chiariva che è vero che il procedimento penale del reclamante si concludeva con un pattagiamento, ma è anche vero che questi veniva condannato con il beneficio della pena sospesa. Questa tipologia di pena permette al reo di non scontare la pena detentiva, escludendone anche l’iscrizione del provvedimento nel certificato del casellario giudiziale laddove la pena irrogata non superi i due anni. In considerazione di ciò, il garante Privacy ha ritenuto dover accogliere il ricorso dell’interessato e ha ordinato la deindicizzazione delle notizie.

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