In un‘era di informazioni e dati sempre più accessibili, la protezione della privacy e del diritto all’oblio è diventata una questione di grande importanza. Il diritto all‘oblio, in particolare, è un concetto relativamente nuovo, che ha guadagnato grande risonanza grazie al suo riconoscimento da parte della Corte di Giustizia dell‘Unione Europea nel 2014, con il c.d. caso Costeja.
Il diritto che viene oggi chiamato anche diritto ad eliminare informazioni personali da Google appartiene genericamente a tutti gli individui e permette loro di richiedere di cancellare informazioni da Google, la rimozione di informazioni o contenuti che in qualche modo compromettano la sua vita privata o la sua reputazione.
La privacy in rete e le implicazione del diritto all’oblio oggi
La privacy in rete, dunque, è diventata una questione molto complessa che coinvolge una serie di diritti e di leggi, tra cui la protezione dei dati personali, la tutela della proprietà intellettuale, la libertà di espressione, la libertà d‘accesso e la libertà di informazione. La protezione della privacy è fondamentale per garantire la sicurezza dei dati e le libertà fondamentali degli individui, ma può anche avere un impatto sulla libertà di informazione e di espressione. A causa di queste complesse interazioni, la sicurezza e la privacy in rete possono essere difficili da raggiungere.
Il caso Gonzalez sul diritto all’oblio
Il caso processuale ha a che fare con la morte della studentessa statunitense Nohemi Gonzales, caduta vittima degli attentati a Parigi del 13.11.2015. I famigliari della giovane ritengono che il commando di terroristi di Francia e Belgio, legati allo Stato Islamico, sia stato reclutato tramite i servizi offerti dall‘azienda americana Google, inoltre la continua ripubblicazione di materiale pro–ISIS sui loro account YouTube (di proprietà di Google) avrebbe favorito la diffusione dell‘organizzazione criminale.
Le accuse erano basate su un’affermazione del governo secondo cui Google aveva agevolato l’accesso a materiale che incitava alla violenza e all’odio. Google ha sostenuto che non era responsabile per i contenuti che apparivano sui suoi servizi. Il motore di ricerca ha sostenuto che non aveva il controllo diretto del contenuto dei suoi servizi e che aveva semplicemente fornito un mezzo per i contenuti di essere visualizzati. La Corte Suprema degli Stati Uniti si è espressa a favore di Google nel caso Gonzales vs. Google.
La Corte ha riconosciuto che, a meno che Google non abbia modificato i contenuti o abbia agito in modo intenzionale per promuovere il terrorismo, la compagnia non poteva essere ritenuta responsabile di qualsiasi atto di terrorismo. La Corte ha inoltre riconosciuto che Google aveva adottato misure ragionevoli per prevenire l’uso improprio dei suoi servizi da parte di terroristi.
Dunque ne deriva il principio fondamentale di diritto da prendere in considerazione è che l’internet provider sia solo una piattaforma su cui possono essere ospitati materiali prodotti da soggetti diversi. Pertanto, va considerato come una parte neutrale e degna di essere esentata.