Non è infrequente che una persona abbia la necessità di rimuovere notizie dal web, le quali gli creano, perché obsolete, ovvero inesatte o perché integrano un reato, ad esempio quello di diffamazione. La procedura per richiedere la cancellazione prende il nome di diritto all’oblio, ed è introdotto nell’ordinamento, ed oggetto anche di riforma, si pensi alla nota Riforma Cartabia, la quale assicura un posto in prima linea alla deindicizzazione delle notizie sul web derivante da pronuncia giudiziale dal carattere assolutorio. Il diritto all’oblio, ancora è disposto dall’art. 17 del Regolamento (UE) nr. 679/2016 che prende il nome del più comune GDPR, che assicura un’adeguata protezione per i dati personali degli utenti del web. L’art. 17 GDPR inerisce ad una serie di motivazioni alla presenza delle quali il soggetto che ne fa richiesta ha il diritto di ottenere dal Titolare del Trattamento la rimozione dei dati personali che lo riguardano senza ritardo alcuno. Un esempio è sicuramente quello che vede protagonista una persona la quale richieda, attraverso l’inoltro di una apposita domanda, di cancellare al Titolare del trattamento ovvero al Web Master i propri dati personali dalle query di ricerca Google.
Il consenso dell’interessato al trattamento dei dati personali
Sul punto è molto utile chiarire che un ruolo fondamentale viene giocato dal c.d. consenso al trattamento die dati personali, che al momento è oggetto del provvedimento di cui si andrà a parlare a breve. Invero, il consenso informato prestato dall’interessato resta una delle basi legittime al fine di trattare i dati personali di colui che lo accetta, così come viene disciplinato dall’art. 6 del regolamento.
Il Garante Privacy
Il Garante Privacy con il provvedimento del 22 luglio 2021, clicca qui per leggerlo in versione integrale, ha stabilito che le aziende che vogliano inviare comunicazioni promozionali ai propri utenti debbano obbligatoriamente acquisire previamente un consenso libero e specifico, oltre che di natura c.d. informato da parte degli interessati. La vicenda origina dal reclamo al Garante presentato nel 2019 di un consulente finanziario avverso una azienda che inviava molteplici comunicazioni promozionali indesiderate. Da un accertamento proposto dal Garante è emerso che le comunicazioni promozionali, i cui contenuti erano per lo più informazioni specifiche del settore economico di riferimento, oltre che di pubblicità all’azienda che li inviava, che venivano inoltrate a mezzo mail non erano in alcun modo assistite del preventivo e necessario consenso specifico per la finalità promozionale. Per questo motivo, non scendendo in maniera profonda nella questione, la società è stata condannata per la violazione degli artt. 6 del Regolamento e 130 del Codice della Privacy, non avendo inviato comunicazioni di consenso agli interessati.