La sentenza del 2014 della Corte di Giustizia Europea, da qui per convenzione CGUE, inerente al caso anche meglio conosciuto come Google Spain viene riconosciuta ai gestori dei motori di ricerca in quanto trattano dati personali, la qualità di responsabili del trattamento dei dati ex art. 2 della direttiva 95/46/CE. Il trattamento dei dati personali effettuato nell’ambito dell’attività del motore di ricerca deve aggiungersi ma rimanere distinto da quello svolto dai singoli editori di siti web di terzi. Per tutelare e garantire una piena efficacia dei diritti individuali appena descritti, le decisioni di rimozione dall’elenco dei contenuti pregiudizievoli devono essere eseguite in maniera tale da poter assicurare la più maggiore tutela dei diritti in gioco, tale da anticipare ed impedire l’elusione delle norme dell’UE.
L’informazione dei motori di ricerca
Normalmente i motori di ricerca protezione, Google compreso, non sono tenuti a informare i webmaster, vale a dire i gestori delle pagine interessate dalla cancellazione dall’elenco dei risultati, che alcune delle loro pagine web sono state interessate da una cancellazione dalle query rispetto a quelle parole chiave dai risultati del motore di ricerca. Invero, la normativa dell’UE sulla protezione dei dati non prevede alcuna base giuridica per una tale comunicazione.
Quali sono le funzioni delle Autorità di protezione dei dati
Come detto in apertura, la sentenza Costeja, ha comportato l’introduzione di nuovi elementi sul diritto all’oblio, sancendone l’importanza e la rilevanza sul piano dei diritti dell’uomo, ha posto in essere la problematica rilevante alla cancellazione di un determinato risultato di ricerca. Tale azione infatti comporta necessariamente una valutazione sistemica degli interessi in gioco: diritto all’oblio del singolo ed interesse di informazione della collettività. A questo proposito, è necessario chiarire che i reclami di cancellazione avverso un determinato URL o link pregiudizievole, presentati dagli interessati alle autorità di protezione dei dati riguardanti il rifiuto totale o parziale da parte del motore di ricerca, debbano considerarsi quali domande formali ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 4, della direttiva. Ciò comporta che l’Autorità Garante per la protezione dei dati deve trattare siffatte domande alla stregua della legislazione nazionale analogamente alle altre domande/reclami/richieste di mediazione, così dice il GDPR.
Il diritto all’oblio è un diritto fondamentale per la persona
La pronuncia Costeja, o anche conosciuta come Google Spain del 13 maggio 2014 ha chiarito l’applicazione ai motori di ricerca della normativa in materia di protezione dei dati personali. Infatti, la corte ha concluso che gli utenti possono invitare un motore di ricerca, qualora vi fossero determinate condizioni, di rimuovere dall’elenco dei risultati di ricerca le query relative al loro nome che demandando a link di informazioni, i quali a loro volta si ritengono incidere sulla loro vita privata. Allorquando un motore di ricerca non accolga la richiesta del soggetto interessato, quest’ultimo può portare la vicenda all’attenzione sia delle Autorità di protezione dei dati, vale a dire il GDPR, sia dell’Autorità giudiziaria competente, in questi casi il Tribunale ordinario, al fine di chiedere di effettuare ulteriori verifiche sulla conformità a verità o meno della propria iniziale richiesta di rimozione ai sensi della normativa nazionale. La CGUE dichiara espressamente che l’interessato può “chiedere [a un motore di ricerca] che l’informazione [riguardante la sua persona] non venga più messa a disposizione del grande pubblico in virtù della sua inclusione in un […] elenco dei risultati”. Ancora poi, nella sentenza Costeja del 2014, che i diritti fondamentali “prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico ad accedere all’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona”. Ciò posto il diritto all’oblio viene riconosciuto come uno dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in applicazione degli artt. 12 lett. b) e 14 lett. a) co. 1 della direttiva 95/46/CE.
La deroga prevista dalla CGUE
La Corte ha però riconosciuto l’esistenza di una deroga a questa norma generale, qualora “per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, […] l’ingerenza nei […] diritti fondamentali [dell’interessato] è giustificata dall’interesse preponderante del grande pubblico […] ad avere accesso, mediante l’inclusione [dell’informazione] nell’elenco dei risultati, all’informazione di cui trattasi”.