Il diritto all’oblio, introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 17 del Regolamento (UE) nr. 679/2016 sulla protezione dei dati personali, anche conosciuto come GDPR, è confacente a quel diritto di essere dimenticati.
La norma di cui sopra determina una serie di cause alla presenza delle quali il soggetto interessato ha il diritto di ottenere dal Titolare del Trattamento l’eliminazione delle notizie pregiudizievoli allo stesso relative senza margini di ritardo. Per fare un esempio, un soggetto può richiedere la cancellazione del proprio nome da Google ovvero la rimozione dalle notizie dalle ricerche Google, nel caso in cui i propri dati personali non siano più indispensabili rispetto alle finalità per i quali venivano conseguiti o trattati o quando si sia revocato il consenso al trattamento o quando ancora i dati siano stati raccolti in maniera illecita.
Ad oggi, il diritto all’oblio è stato anche oggetto di riforma Cartabia sul processo penale, la quale determina l’ottenimento automatico della cancellazione dal web delle notizie de qua laddove sia incorso un provvedimento dell’autorità giudiziaria di assoluzione piena.
I post del blog di Google: un’analisi social
Uno degli ultimi post di Google va a sviscerare una questione che da tempo impone un grande e solerte sforzo interpretativo per gli studiosi del settore. Invero, in questo particolare post viene chiarito come da una semplice domanda, la seguente: “E se i link a storie sul passato di qualcuno, storie di frode in un’azienda internazionale o di negligenza nel turismo medico, fossero stati rimossi dalla ricerca su Google nel tuo Paese, non a causa delle leggi locali, ma perché qualcuno è stato in grado di utilizzare le leggi di un altro Paese. Come ti sentiresti al riguardo?”, sia il nucleo centrale di quanto sta accadendo in Europa in tema di diritto all’oblio e privacy.
Il dibattito tra le varie Autorità internazionali privacy
Preliminarmente, come preannuncia il titolo del paragrafo, è bene chiarire l’origina del dibattito. Invero, questo scontro è stato acceso tra alcune autorità per la protezione dei dati. La questione non è stata ancora posta in soluzione, ed in gioco vi è il fatto: se il diritto dell’Europa all’oblio, il quale come detto in apertura permette ai soggetti dell’Unione di richiedere la cancellazione di determinati notizie o URL indicizzate attraverso il proprio nome e cognome dalle query Google, debbano estendersi oltre i confini dell’Europa stessa, nello specifico in alcuni paesi che presentano normative diverse sulla privacy.
Cosa pensa Google?
Sul punto, Google è molto fermo nella sua radicata posizione, chiarendo peraltro attraverso questo post, che “ogni paese dovrebbe essere in grado di conciliare libertà di espressione e privacy nel modo che preferisce, non nel modo in cui sceglie un altro paese.”
Tuttavia, fanno notare alcune Autorità per la privacy gli interessati potrebbero ancora in ogni caso ancora reperire alcuni dei collegamenti rimossi dall’elenco in un paese cercandolo, con le medesime keywords, all’interno di una versione non europea di Google come Google.com.
La decisione della CNIL
La Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés (CNIL) che si trova in Francia e corrisponde al nostro Garante Privacy, ha ordinato a Google di oltre, chiedendo in modo efficace di applicare l’equilibrio tra privacy e libertà di espressione in tutti i paesi, rimuovendo tutti gli articoli pregiudizievoli di cui si denota la sussistenza per gli utenti di tutto il mondo.
Google chiude con questa enfatica espressione “siamo d’accordo con la CNIL che la privacy è un diritto fondamentale, ma lo è anche il diritto alla libertà di espressione”, la quale denota tutto il sunto della disquisizione sul diritto all’oblio e sul bilanciamento che da tempo si cerca di operare in questo delicato settore.