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Site icon Diritto All'Oblio su Google – Come Rimuovere il Proprio Nome dai Risultati di Ricerca

Cancellare notizie da Google, via il nome degli assolti dai motori di ricerca

Il diritto all’oblio è stato oggetto della Riforma della Giustizia penale varata dal Ministro Cartabia, e grazie alla modifica apportata dalla Commissione giustizia all’art. 13 bis del Disegno di legge. Brevemente, si riconosce autenticamente il diritto all’oblio rispetto a quelle vicende giudiziarie che si concludono con una pronuncia assolutoria a formula piena, del tipo “perché l’imputato non ha commesso il fatto, perché il fatto non sussiste” ai sensi dell’art. 530 c.p.p.

Una differenza importante

È importante sapere che la rimozione dai risultati di ricerca Google, nell’esercizio del proprio diritto alla “deindicizzazione”, non ha il fine di eliminare in maniera definitiva il contenuto dal Web ma semplicemente, Google si occuperà di non restituire come risultato di ricerca quel contenuto di cui abbiamo chiesto la rimozione, abbinato al nominativo dell’interessato. Lo stesso Google consiglia infatti di contattare in ogni caso il Web Master ovvero il proprio sito affinché il contenuto venga rimosso in modo definitivo dal Web.

La riforma della giustizia sul diritto all’oblio

Nel DDL di riforma sul processo penale del 2021, è stato previsto che il diritto all’oblio, si ottenga più velocemente, attraverso la deindicizzazione delle notizie attinenti a procedimenti penali definiti con archiviazione, sentenza di non luogo a procedere o assoluzione. In questo senso si dice delle operazioni compite dai motori di ricerca attraverso parole chiave e tag appositi, che organizzano un contenuto, al fine di includerlo nell’indice della barra di ricerca dell’internet, rendendolo così maggiormente visibile agli altri utenti. Il nuovo testo proposto dalla riforma Cartabia, pone l’obiettivo di riscrivere, almeno in questo ambito, il sistema giudiziario ed in particolare il procedimento penale. Questo, oltre tutti gli emendamenti compiuti, interviene sull’art. 154 ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, determinando che le prescrizioni delle sentenze favorevoli al prevenuto vengano comunicate al Garante privacy, Autorità preposta al controllo ed alla regolarità dei dati personali sul web, costituendo questo titolo per l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione dalla rete internet dei contenuti negativi che derivano dal procedimento penale e comprendenti i dati personali dell’accusato.

Come muta il diritto all’oblio: le sentenze di assoluzione

Orbene, a seguito della riforma i titoli che appaiono concreti ed idonei alla deindicizzazione automatica sono i seguenti:

-decreto di archiviazione emesso dal Giudice delle indagini preliminari (GIP) laddove la notizia di reato si ritiene essere infondata;

-sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p. emessa all’esito dell’udienza preliminare, la quale riconosce l’infondatezza dell’accusa prima di iniziare il processo;

-sentenza di assoluzione di primo grado, laddove risulti che il fatto non sussiste, non costituisce reato o l’imputato non lo ha commesso. 

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