Con l‘avvento dell‘era digitale, la riproduzione, la conservazione e lo scambio di informazioni risultano essere diventate più rapide e difficilmente tracciabili rispetto al passato. In questo contesto, complice la quantità di informazioni presenti online, un nuovo fenomeno si sta affermando: la cancellazione di contenuti da parte di editori, giornali online e motori di ricerca.
In questo senso l’obiettivo, fortemente voluto dalla società civile, di eliminare notizie dal web è quello di tutelare la reputazione di un soggetto, sia esso un individuo o un’azienda, in una società dove l’immagine pubblica è sempre più importante. Inoltre, la cancellazione dei contenuti online può essere un modo per evitare sanzioni legali a carico dell’editore, come nel caso di contenuti potenzialmente diffamatori.
Il diritto all’oblio, cenni e origine
In primo luogo partiamo subito con lo spiegare cosa è il diritto all’oblio, nato da una sentenza nel 2014 e sviluppatosi in tutta l’Europa, nel 2018 attraverso il regolamento sulla protezione dei dati personali, anche chiamato in acronimo GDPR, e poi nel mondo, e per essere precisi, ancora in continua evoluzione. Ebbene, quello che oggi viene comunemente conosciuto come diritto all‘oblio è un concetto giuridico che fa riferimento al diritto di alcune persone di non essere ricordate in modo negativo, soprattutto quando le informazioni riguardanti le persone sono state rese pubbliche in passato.
Si tratta di una forma di protezione della privacy che è stata riconosciuta da alcuni tribunali in Europa. In particolare, nel 2014, come anticipato nel preambolo, proprio la Corte di Giustizia dell‘Unione Europea ha deciso che una persona potesse richiedere alla cancellazione di alcune informazioni su di lei da un motore di ricerca, qualora tali informazioni fossero obsolete, irrilevanti o non pertinenti.
I giornali online ed il fenomeno della cancellazione dei dati personali
Uno dei principali problemi legato alla cancellazione di contenuti online è quello che riguarda gli archivi dei giornali online. Spesso, infatti, i contenuti risalenti vengono cancellati senza che vi sia una chiara indicazione al lettore che il contenuto non è più disponibile. Di conseguenza, le persone che cercano informazioni su un determinato soggetto possono non avere un’esperienza di ricerca soddisfacente, poiché i contenuti potrebbero non essere più accessibili.
Per ovviare a questo problema, alcuni editori hanno deciso di rendere più trasparente il processo di cancellazione dei contenuti. Ciò significa che quando un contenuto viene cancellato, l’editore pubblica un avviso ai lettori in modo da informarli che il contenuto non è più disponibile. Un altro problema legato alla cancellazione dei contenuti online è quello della censura.
Spesso, infatti, i contenuti vengono cancellati per ragioni politiche o sociali, piuttosto che per motivi legali o di tutela della reputazione di un soggetto. Questo tipo di censura può avere ripercussioni negative sulla libertà di espressione e sulla libertà di informazione, in particolare nelle società in cui i governi hanno un controllo esercitato sui media.
Le novità sul diritto all’oblio: il ruolo degli archivi online
È notizia di qualche settimana fa, vale a dire il 21 gennaio 2022, ARTICLE 19 ha unito le forze con 15 organizzazioni della società civile, organi di stampa ed esperti per presentare un ricorso alla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell‘uomo in un caso riguardante il “diritto all‘oblio“ contro un media belga. Durante questa riunione è stato sostenuto che gli archivi dei media svolgono un ruolo chiave sia per i media che per il pubblico. Interferire con l‘integrità degli archivi e applicare il diritto all‘oblio nei loro confronti sarebbe come riscrivere la storia e avrebbe conseguenze negative sulla libertà di espressione e sull‘accesso all‘informazione.
La vicenda Hurbain contro Belgio
Il caso Hurbain contro Belgio è una controversia giudiziaria che ha avuto inizio nel 2010, quando il signor G. ha citato in giudizio l‘editore del quotidiano Le Soir , il signor Hurbain, dopo che il giornale ha rifiutato di rimuovere l‘articolo riguardante un incidente automobilistico mortale pubblicato nel 1994, dai suoi archivi digitali. G. sosteneva che i suoi (potenziali) pazienti potevano facilmente trovare informazioni su di lui attraverso una ricerca online. I tribunali belgi hanno ordinato a Le Soir di anonimizzare il nome completo del signor G. nell‘articolo.
Il sig. Hurbain ha quindi presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sostenendo la violazione del suo diritto all’immagine. La Corte europea ha ritenuto che la mascheratura del nome di G. nei documenti dei media non violasse la libertà di espressione di Hurbain. Dato che G. non era una celebrità pubblica, l’articolo avrebbe creato una sorta di “scheda penale virtuale” per G.