Cancelliamo i dati indesiderati


Site icon Diritto All'Oblio su Google – Come Rimuovere il Proprio Nome dai Risultati di Ricerca

Google paga i danni per non aver rimosso notizie diffamatorie dalle ricerche

Il diritto alla cancellazione dei dati personali dai motori di ricerca, o anche meglio conosciuto con il nome di “diritto all’oblio” è uno dei principali cambiamenti del GDPR. Nella prassi questo tipo di diritto viene comunemente definito diritto all’oblio e viene disciplinato ai sensi dell’art. 17 GDPR. La disposizione della norma chiarisce che “l‘interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti: i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati; l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento; l’interessato si oppone al trattamento e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento; i dati personali sono stati trattati illecitamente; i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento; i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione”.

Google deve pagare una risarcimento di 25mila euro 

La notizia infatti era relativa ad una vicenda oggetto di una condanna per diffamazione, reato molto insidioso e molto dannoso per chi lo riceve. Invero, la condanna per diffamazione era stata comminata dai giudici di primo grado comprendendo quelle riferibili ai siti gestiti da altri motori di ricerca. E questo perché Google, come internet service provider, mette a disposizione degli utenti i riferimenti necessari per identificarli.

La vicenda oggetto della sentenza della Corte di Cassazione

Il sig. Pezzano, aveva richiesto a Google la deindicizzazione di alcuni articoli e notizie diffamatorie che erano state messe in rete dal suo collega di lavoro. Invero il Pezzano sempre coadiuvato dai propri legali, gli Avvocati Angelica Parente e Domenico Bianculli, dopo il silenzio da parte di Google ha fatto causa al colosso americano. Il Tribunale che ha preso in carico il procedimento, il Tribunale di Milano, è stato molto chiaro e si è espresso già positivamente attraverso l’emissione di una sentenza datata 24 gennaio 2020, dove stabiliva non solo la pronta ragione del soggetto interessato, dunque raccogliendo le richieste degli Avvocati Angelica Parente e Domenico Bianculli, ma stabiliva anche che dovesse essere ottenuta a favore del Pezzano la deindicizzazione di tutti i contenuti ritenuti lesivi. Altresì, la Corte di Cassazione, dopo che era stata investita della causa da Google, ha disposto in primo luogo l’accettazione delle istanze degli avvocati Bianculli e Parente, ma ha emesso una sentenza di condanna al risarcimento danni di 25mila euro per aver causato danni morali al Pezzano, giustificando gli stessi sotto l’egida della “perdurante” diffusione di dati negativi sul suo conto, “tenuto conto della diffida dell’interessato dopo sei anni dalla iniziale immissione in rete delle notizie diffamatorie”.

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