Il diritto all’oblio a partire dalla pronuncia Costeja nel 2014 viene oggi considerato quale diritto fondamentale che deve essere garantito a tutti gli utenti del web. In via preliminare, il diritto all’oblio è considerato il diritto servente agli utenti per cancellare dal web tutti i dati personali di un soggetto al fine di non arrecargli un danno ingiusto, laddove questi siano obsoleti o non aggiornati. Per poter adire il diritto all’oblio nei confronti dell’interessato, il Titolare che ha nella sua disponibilità quelle informazioni del soggetto che sono state divulgate su un determinato sito web o anche su di una pagina di un social, se rispetta determinati requisiti, conserva l’obbligo di rendere edotto della richiesta di rimozione di tutti gli altri titolari che trattano allo stesso modo i dati personali cancellati. Sul punto, ai sensi dell’art. 17 par. II del GDPR si fa riferimento a “qualsiasi link, copia o riproduzioni”.
IL GDPR e l’Autorità Garante della privacy
Il GDPR anche conosciuto come Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali ha sostituito il vecchio Codice in materia di privacy, protezione e trattamento dei dati personali, divenendo ad oggi la massima fonte di sicurezza per coloro che navigano in internet. L’Autorità preposta al controllo ed alla regolarità dei dati personali sul web è il Garante privacy.
Provvedimento del Garante
Nel provvedimento di specie il Garante si è trovato a dirimere una controversia tra un interessato e Google vertente sulla cancellazione di alcune notizie che riguardavano il ricorrente. Quest’ultimo ha richiesto la cancellazione di alcuni URL sulla base di fatto secondo la quale la notizia diffusa, risalente al 2018, non fosse più né attuale e né rispondente all’interesse del pubblico a conoscerne il contenuto. Google, si opponeva a tale richiesta ritenendo che nel caso di specie nel caso non possono ritenersi sussistenti i presupposti di cui alla legge, art. 17 GDPR, tali per cui è possibile beneficiare dell’esercizio del diritto all’oblio. La motivazione è semplice, queste notizie trattavano di notizie pubblicate negli anni 2017 e 2018, – per Google epoca recente – e riguardavano lo svolgimento di un procedimento penale al termine del quale il reclamante è stato condannato a tre anni e sette mesi di reclusione per fatti gravi connessi all’attività professionale da lui svolta;
La decisione del Garante Privacy
Secondo il Garante dichiara infondato il reclamo sulla base secondo la quale ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, bisogna avere contezza non solo dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, ma anche degli altri criteri individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali. Secondo il Garante privacy, dunque, deve ritenersi ancora sussistente l’interesse della collettività, c.d. interesse storiografico di conoscere la vicenda anche in virtù del ruolo ricoperto dal ricorrente, ruolo pubblico.