Accade molto più spesso di quanto si possa immaginare che in rete e, più in generale, sul web si riescano a reperire informazioni, o contenuti in grado di danneggiare l’immagine di un soggetto, sia questa persona fisica o giuridica, ma anche solo di destabilizzare le proprie relazioni sociali. A causa di queste informazioni obsolete, errate o anche solo non complete che vengono lasciate circolare sul web e si diffondono a macchia d’olio, complice anche la estrema velocità con le quali queste possono essere reperite, a portata di un click, su internet alcune persone possono essere pregiudicate nella vita professionale ed in quella personale.
I casi di maggior rilievo di diffusione di notizie che creano pregiudizio al soggetto
Nella maggior parte dei casi, gli episodi di cui sopra, sono per lo più legati a vicende di natura giudiziaria di carattere penale. Si pensi a vicende riguardanti omicidi, reati tributari o casi di pedofilia, in queste particolari ipotesi viene da sé che il reo, soprattutto se interessato da una pronuncia assolutoria non voglia più essere accostato alla vicenda storica, e voglia avere la possibilità di vedere riabilitato il proprio nome ed il proprio status sociale.
Il diritto all’oblio ed il GDPR
Per far fronte a questo annoso problema è venuto in soccorso quello che gli studiosi chiamano, causa la sua recente istituzione, diritto di nuova generazione, il quale non è altro che il c.d. diritto all’oblio, anche definito spesso quale diritto all’essere dimenticati. Ebbene, il diritto all’oblio viene configurato in qualità di quale che serve a cancellare, come detto poc’anzi, dal web i propri dati personali. Al fine di esaminare il diritto all’oblio nei confronti dell’interessato, il Titolare delle informazioni personali che sono state diffuse pubblicamente su un sito web o una pagina, che abbiamo però contenuto pregiudizievole, ha l’obbligo di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano allo stesso modo i dati personali cancellati. Sul punto, ai sensi dell’art. 17 par. II del GDPR che fa riferimento a “qualsiasi link, copia o riproduzioni”.
Il Garante per la protezione dei dati personali
Il Garante Privacy, in qualità di Autorità amministrativa a carattere indipendente che è stata deputata dalla legge al controllo della privacy già dall’anno 1996, ha adottato “Linee guida” Linee guida che regolano la materia del trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali secondo le Linee Guida
In questa sede si vuole spiegare brevemente quali sono le determinazioni del Garante, per leggere le Linee guida complete clicca qui. Secondo quanto stabilito all’interno del provvedimento ora enucleato, la “diffusione dei provvedimenti giurisdizionali costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”. Allora non è che è vietata ala pubblicazione di provvedimenti giurisdizionali, bensì è ammessa con le opportune cautele, anche la pubblicazione del contenuto integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali. Il soggetto interessato di quel provvedimento, spiegano sempre le Linee Guida, può anche chiedere attraverso una istanza che deve essere depositata presso la cancelleria o la segreteria dell´ufficio giudiziario competente vale a dire quello dinanzi al quale si svolge il giudizio, che le sue generalità e ogni altro dato idoneo a identificarlo siano omessi in caso di riproduzione del provvedimento.