Si sente spesso parlare di diritto all’oblio e magari non ci rendiamo conto di quanto sia importante finché non ci troviamo in una situazione simile. Ma se vengono condivise le nostre informazioni personali online senza il nostro consenso o ci ritroviamo pentiti della condivisione di determinati contenuti, come possiamo fare? Quanto ci verrà a costare? Gli utenti hanno diritto di richiedere la tutela dei propri dati al gestore delle pagine web o dei motori di ricerca. Nel caso in cui questi si rifiutino di tutelare questi dati, la questione può diventare spinosa e addirittura avere dei costi legali, che però cercheremo di evitare.
Come chiedere rimozione contenuti dal web
Ogni giorno vengono inoltrate richieste di rimozioni dati, in una forma o nell’altra, ma non tutte riescono a vedere la luce. Una delle sentenze più famose risale al 2014, anno in cui la Corte di Giustizia Europea ha costretto Google a mettere in atto la deindicizzazione dei risultati di ricerca relativi ad un privato cittadino di nazionalità spagnola. Tutti i risultati di ricerca relativi a questa persona furono rimossi e da allora risulta impossibile reperire sul web le informazioni interessate. Negli anni si sono susseguite altre sentenze, che hanno trovato un grande punto di riferimento nel Regolamento generale sulla protezione dei dati emanato dal Parlamento europeo nel 2016 ed entrato in vigore nel 2018 che prevede la tutela dei dati personali del cittadino garantendo, tra le altre cose, il diritto all’opposizione del trattamento dei propri dati personali, alla rettifica dei dati inesatti o non aggiornati, il diritto alla cancellazione e infine il diritto all’oblio.
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Quanto costa tutelare la propria privacy?
In primo luogo, bisogna capire come muoversi per appellarsi al diritto all’oblio: per prima cosa sarà necessario presentare un’istanza congiunta al titolare della pagina web che contiene il contenuto che desideriamo venga rimosso e a quello del motore di ricerca che dovrà procedere a deindicizzare tutte le pagine di terzi contenenti i dati inesatti o riservati. La risposta dei titolari dovrà pervenire entro un mese, pena sanzioni amministrative fino a 20 milioni di euro. Se questa istanza non ottiene seguito, sono disponibili due strade: presentare un ricorso all’autorità giudiziaria oppure rivolgersi al Garante della privacy. Il ricorso al Tribunale richiede ovviamente dei costi abbastanza elevati e soprattutto costringe a sottostare ai tempi della giustizia italiana, che sappiamo essere non proprio snelli Il reclamo al Garante è, invece, completamente gratuito, poiché c’è anche la possibilità di rivolgersi ad associazioni senza scopo di lucro o altri organismi che li possano rappresentare e ottenere il riconoscimento dei propri diritti in materia. Un altro vantaggio nel rivolgersi al Garante sono i tempi: il procedimento deve concludersi entro 8 settimane dal ricevimento del reclamo, prorogabili al massimo per altre 6 settimane.