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Site icon Diritto All'Oblio su Google – Come Rimuovere il Proprio Nome dai Risultati di Ricerca

Cancellare notizie da Google, Cassazione 2021 in tema di diritto all’oblio

A partire dal 2014, con la sentenza Costeja, e dal 2016 ed ai sensi della legislazione europea, oggi conosciuta sotto il nome di GDPR, è possibile cancellare i contenuti, siano queste notizie obsolete, link pregiudizievoli etc. da un sito web o dalle query di ricerca Google, attraverso l’utilizzo di vari mezzi, tra cui reclamo al Garante della Privacy, oppure, più semplicemente attraverso un modulo messo a disposizione da Google.

Tali operazioni vengono effettuate per il solo scopo di garantire la reputazione online che si riverbera sul piano concreto, da link lesivi che appaiono sul web, laddove questi siano indicizzati al nome e cognome ovvero ai dati personali dell’interessato. 

Cosa si intende per indicizzazione

Nella specie l’indicizzazione è un procedimento secondo il quale attraverso la barra di ricerca di Google, ad esempio, l’utente web ricerca il nominativo o l’epiteto rispetto ad un soggetto, ad esempio Mario Rossi; una volta immesso tale nome Google metterà tutte insieme le notizie, i link, le immagini, in generale tutti i contenuti che possono essere ricondotti al tale Mario Rossi. Viene da sé, dunque, la motivazione per la quale molti utenti scelgano di ricorrere al diritto all’oblio, nel senso che gli stessi vogliono, di fatto, riabilitare il proprio nome. Per ragioni di privacy, la legislazione europea impone che sia lecito avere il diritto di richiedere la rimozione di determinate informazioni personali che ci riguardano, ed allo stesso modo che le stesse informazioni personali non siano più connesse rispetto ad un particolare fatto storico, questo fenomeno prende il nome di diritto all’oblio.

La Cassazione del 2021 si esprime sul diritto all’oblio 

La recentissima pronuncia della Cassazione civile nr. 20861 del 2021, parla del fenomeno appena descritto, a seguito non solo delle positivizzazioni del diritto all’oblio, ma anche della recente riforma sul processo penale che instaura proprio relativamente agli effetti del diritto summenzionato, posizione favorevole a seguito di sentenza di assoluzione a formula piena dell’imputato, c.d. Riforma Cartabia.

Il fatto in breve

Il fatto che origina dalla sentenza riguarda il Sig. Roberto B. che agiva nei confronti di Google chiedendo di vedersi accertato il diritto all’oblio rispetto a tutti i risultati che comparivano digitando il proprio nome. Infatti, tali risultati erano per lui pregiudizievoli poiché rilevava che i contenuti che ne venivano fuori apparivano in maniera “inadeguata ed eccessiva” rispetto allo scopo per i quali erano stati pubblicati. Dal canto suo, Google si costituiva in giudizio deducendo il rigetto della domanda attorea poiché non erano ben specificati gli URL delle notizie che Roberto B. volesse rimuovere.

Cosa dice la Cassazione

Brevemente, il giudice di prime cure, il Tribunale di Spoleto,  accertava il diritto all’oblio vantato dalla parte attorea ed adduceva il fatto erano trascorsi numerosi anni dall’accaduto che lo vedeva coinvolto. A fronte di ciò ordinava a Google la rimozione di tutti i risultati che apparivano nelle query di ricerca una volta che veniva digitato il nome del prevenuto. Dunque lo stesso richiedeva che Google eliminasse tutti i contenuti che apparivano su internet attraverso il proprio motore di ricerca. Il ricorso pone due questioni di interessante rilevanza: una, sul piano sostanziale, incentrata sulla inesigibilità della condotta del provider consistente nella rimozione, dal motore di ricerca, di contenuti indeterminati; mentre l’altra di sul piano processuale circa la necessità di indicare, nell’atto introduttivo del giudizio volto alla deindicizzazione, gli URL dei contenuti di cui si domanda la rimozione.

La Cassazione si pronuncia sulla reale attività di Google 

La Corte chiarisce che Google non debba essere tenuto a predisporre un sistema di filtraggio dei dati che transitano nei propri servizi, essendo la stessa comprensiva di quella particolare attività atta a memorizzare in modo automatico e temporaneo notizie al fine di rendere maggiormente efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta. Tale tipo di attività si differenzia dunque, da quella che inerisce la mera trasmissione delle informazioni fornite da un destinatario del servizio.

Sul piano processuale, la validità della indicazione dei contenuti e delle URL esatte 

Sul piano processuale, dicono i Giudici del Supremo Consesso, “l’indicazione dei contenuti di cui è domandata la rimozione è indispensabile in quanto è attraverso tale indicazione che è possibile individuare il petitum mediato della pretesa”. Questo è necessario al fine della effettiva ingerenza da parte di Google nella rimozione dei contenuti. Viene in questa sede precisato che la mancata individuazione delle informazioni, e dunque dei risultati ottenuti attraverso la composizione del nome e cognome nella ricerca Google, rende indeterminata la domanda anche perché questa deve rappresentare gli elementi fattuali. 

La cassazione conclude cassando con rinvio

La circostanza che la Cassazione abbia ritenuto cassare con rinvio la sentenza di primo grado sta a significare che Google, ancorché provider di indiscusso potere in rete non ha la facoltà di poter rispettare ad un lavoro tanto certosino, quale il rinvenimento e l’eliminazione, ai sensi del diritto all’oblio, di ogni particolare notizia che crea pregiudizio e danno alla reputazione dell’interessato, salvo che quest’ultimo non fornisca in modo preciso gli URL eventualmente da rimuovere. Per sapere come trovare gli URL da rimuovere clicca qui.

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