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Alcuni utenti di Facebook stanno ricevendo 400$ per violazione della privacy

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Non è infrequente che sui social gli account social, siano questi su Facebook, Instagram o Twitter etc., vengono creati al solo scopo possono danneggiare la reputazione online ed anche quella fisica del reale proprietario dell’identità. 

Questo tipo di condotta, è spesso utilizzata per creare delle vere e proprie relazioni a distanza con gli ignari interlocutori, anche per esempio per guadagnarsi la fiducia di quest’ultimo e farsi mandare dei soldi o avere altri vantaggi patrimoniali dalle vittime. 

Le modalità di questa condotta criminosa e pregiudizievole per l’interessato, che molto spesso sfociano in richieste di diritto all’oblio nei confronti del webmaster o anche del motore di ricerca, si può estrinsecare in diversi modi.

La vicenda di Facebook e dei 400 dolalri

Stando ad una indagine condotta in America, circa più di 1,4 milioni di residenti a lungo e a breve termine dell’Illinois hanno iniziato a ricevere assegni fino a $ 397, come risarcimento per un’azione collettiva da $ 650 milioni contro Facebook. Secondo i querelanti, la piattaforma di social media avrebbe utilizzato in maniera non del tutto legale, o per meglio dire per niente, i dati relativi al riconoscimento facciale che venivano raccolti senza il consenso degli utenti, al fine di indurli a taggare i propri amici nelle foto.

A seguito di alcuni controlli, Google Foto e Shutterfly hanno avviato molte azioni legali collettive simili in Illinois e sono entrate in fasi di approvazione di accordi multimilionari nell’ultimo anno. Invero, essere riconosciuti in automatico nelle foto pubbliche sui social, come in questo caso facebook, potrebbe di primo acchito non sembrare un gran problema, ma una volta targhettizzato il nostro volto, potrebbe diventare disponibile per le aziende al di fuori della tua piattaforma fotografica. La società di software con sede a New York Clearview AI, ha infatti affermato di aver raccolto più di 20 miliardi di immagini da siti Web come Facebook, YouTube e Venmo costituendo dunque un grandissimo database di riconoscimento facciale disponibile per le società che pagano per averli.

Cosa ne pensano gli esperti?

Matthew Kugler, professore di diritto della privacy presso la Northwestern University, ha ricordato come “la capacità tecnologica di collegare istantaneamente il volto di qualcuno alle sue informazioni personali potrebbe rendere più facile per le persone molestare il loro barista Starbucks locale o mettere a repentaglio la vita e la sicurezza delle vittime di violenza domestica, delle prostitute o di coloro che partecipano a programmi di protezione dei testimoni”. Ancora, continua il Professore “ la legislazione nazionale è probabilmente molto lontana, ma puoi aspettarti più cause e accordi stato per stato negli anni a venire”.

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